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IMG1 di katia82 commento di LorenzaF |
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La trovo interessante; se é un'intuizione é geniale, vedi sotto dove può portare; e se fosse una citazione non sarebbe male, le composizioni di Leiter sono molto difficili da riproporre. |
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Venezia 1992 di GiovanniQ commento di LorenzaF |
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Beh, allora per me sarebbe stato meglio una cosa così, ma bisognava farlo in ripresa e ci voleva la rollei .  |
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''' di opeio commento di LorenzaF |
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Bella, le tue ultime quattro-cinque nettamente superiori alle precedenti. |
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Lago di Lugano di scarmar commento di LorenzaF |
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No, mi riferisco agli obiettivi EF, l'85, il 50, ce l'hanno entrambii e sono lenti completamente automatiche e pienamente compatibili con le macchine digitali. Che poi sull'85 sia utilizzabile in quel modo all'atto pratico ne dubito, sul 50 un po' di più. Certo che se poi uno vuole dedicarsi seriamente a quel tipo di approccio alla fotografia inevitabilmente si orienterà su altre macchine e altre lenti, però nulla vieta di fare un po' di esperimenti anche con queste lenti piuttosto diffuse o anche mandando a memoria due o tre dati. Alla fine, quello che importa é capire davvero come una lente si comporta alle varie distanze e soprattutto capire la propria relazione con il soggetto, possibilmente in tutti i sensi, ma anche in termini di posizione relativa nello spazio.
Ps. Le scale riportate sule lenti sono calcolate per il pieno formato (full frame); su sensore ridotto l'ampiezza della profondità di campo, molto semplificando, va considerata più ristretta.
Pps. Sono una nata digitale. |
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Lago di Lugano di scarmar commento di LorenzaF |
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Per farla ancora più semplice, puoi guardare il barilotto della lente nella fotografia qui sotto: si espone, in questo caso f11 (tacchetta bianca in alto sopra la ghiera dell'apertura), poi si regola la ghiera del fuoco (quella con le distanze) in modo che la tacca corrispondente a f11 di destra (limite lontano della profondità di campo) sia su infinito. Fine. Questo vuol dire che si avrà tutto accettabilmente a fuoco da un metro e settanta centimetri (vedi la tacca corrispondente a f11 di sinistra, limite vicino della profondità di campo) sino all'infinito, mentre il piano di messa a fuoco sarà a tre metri e qualcosa (freccetta bianca). Ovviamente, gli oggetti più vicini al piano di messa a fuoco saranno più nitidi di quelli più lontani, e di questo sarà bene tenere conto nel comporre l'immagine.
Tutte le lenti fisse Canon che ho (ma che non uso mai) riportano queste indicazioni, anche se spesso solo per f11 e f22, e tutte possono essere usate con messa a fuoco manuale; gli zoom in genere non le riportano perché l'indicazione sarebbe più complessa da fornire visto che al variare della lunghezza focale, varia anche la profondità di campo. Nel tuo caso, a 10mm di focale, sai che mettendo a fuoco a un metro hai praticamente tutto sempre accettabilmente nitido; quanto accettabilmente dipende poi da cosa ci fai con le foto, per esempio se e quanto grande stampi. Inoltre, scegliere quale profondità di campo usare dipende da che tipo di fotografie fai e da che aspetto vuoi che abbiano. Per me personalmente, per il tipo di fotografia che faccio, avere una profondità di campo da trenta centimetri all'infinito sarebbe del tutto inutile, in genere preferisco avere a fuoco da 70cm-un metro a dieci-quindici, oltre non mi interessa, anzi può essere che, se c'é un oltre, lo preferisca fuori fuoco. Questo riguarda il contorno, perché il soggetto faccio in modo che sia il più possibile vicino al piano di messa a fuoco. |
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Lago di Lugano di scarmar commento di LorenzaF |
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Devi mettere a fuoco alla distanza iperfocale! Se la tua app ti dice due metri e mezzo, devi mettere a fuoco a due metri e mezzo e la cosa più semplice é farlo manualmente usando la scala delle distanze sul barilotto della lente. |
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Lago di Lugano di scarmar commento di LorenzaF |
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Una volta calcolata la distanza, regoli l'obiettivo manualmente, immagino. I punti di messa a fuoco automatica non dovrebbero interessarti, e comunque uno o l'altro non cambia. |
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Lago di Lugano di scarmar commento di LorenzaF |
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Non so come sia il 10-22, non ho capito come fai a calcolare l'iperfocale e a regolare l'obiettivo. Qui il molo é più a fuoco delle barche e l'infinito é di nuovo accettabilmente a fuoco, potrebbe essere un altro il problema. |
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Robert Bananathorpe di Cube commento di LorenzaF |
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Tenuto conto del fatto che quel ritratto é stato fatto pochi mesi prima che Mapplethorpe morisse di AIDS, parodiare il ritratto di un moribondo non la trovo una cosa di gran gusto. Se poi si aggiunge l'orientamento esplicitamente omosessuale di Mapplethorpe, la banana si poteva evitare. Ma la faccia é tua, contento tu, contenti tutti, basta esserne consapevoli. |
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''' di opeio commento di LorenzaF |
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Mario, come sempre, i lavori bisognerebbe vederli dal vero e completi, purtroppo a guardarli su internet spesso se ne ricava solo un'impressione parziale. Il lavoro Montagna l'ho visto due volte, la prima mi pare nel 2007, l'avevo conosciuto al Forma e una volta é arrivato con una scatola di stampe appena ritirate e le ha mostrate a me e ad altri mettendole sul tavolo una dopo l'altra; alle prime cinque ho pensato: "che belle, come sono ben fatte"; dalla sesta alla ventesima ho pensato: "si, però sono tutte uguali"; dalla ventesima in poi ho iniziato a capire il senso meno immediato di quel lavoro. Innanzitutto, ed é questo l'aspetto che mi é venuto in mente in relazione alla foto di Opeio qui sopra, al di là della casuale identità del soggetto, il fatto che per portare avanti una riflessione che parta dalla vita quotidiana e arrivi a metterne in luce significati più profondi é necessario estremo rigore, che nel lavoro di Montagna significa da un lato grande precisione nell'esecuzione (lui si occupa di fotografia di architettura e lavora in genere, e anche per Billboards, con il banco ottico, cosa che porta necessariamente a grande attenzione nella composizione e ad immagini con grande precisione di dettaglio), dall'altra osservazione costante e continua dell'oggetto della propria indagine; ricordo che mi aveva stupito il fatto che avesse trovato così tanti cartelloni privi di manifesto in giro per Milano e hinterland, nonostante sapessi che la raccolta delle immagini aveva richiesto un lungo lasso di tempo; ricordo che mi disse che in realtà di questi oggetti nel paesaggio urbano ce ne sono tantissimi e non é affatto difficile trovarne una volta che ci si presta attenzione. Dunque la ragione per cui ho linkato questo portfolio é perché penso che i lavori di Opeio guadagnerebbero da un maggior rigore di esecuzione e di osservazione (che poi può dire molte cose, non necessariamente usare i formati superiori!) e questo non per farle "più belle" ma perché penso che se uno vuole rivelare degli aspetti che vanno oltre la percezione convenzionale della realtà che ci circonda (dove una paletta é una paletta e basta) sia necessario sfruttare la macchina fotografica come una specie di occhio più evoluto che ci consente di vedere cose che altrimenti non vedremmo; dunque non uno scatto veloce e casuale ma uno sguardo attento, preciso, più lento e pensato.
Il senso del lavoro di Montagna sarebbe meglio che ognuno lo ricavasse dalla visione del lavoro completo (la seconda volta, un paio di anni dopo, l'ho visto in una libreria dove ho trovato il volume pubblicato); qui la riflessione si incentra sullo studio del panorama urbano e sulla presenza di questi elementi ingombranti e inutili, dove un'ampia superficie piana, nata per contenere un'immagine pubblicitaria, non mostra nulla ed impedisce la vista di ampie porzioni del paesaggio circostante. E questo porta ad una riflessione su quale sia una cultura che dissemina nel proprio territorio queste gigantesche strutture, temporaneamente o definitivamente inutilizzate, e su che significato assumano questi oggetti nel paesaggio, quando riflettono la luce, per esempio, oppure quando la pioggia e lo sporco, le ombre, i brandelli di manifesto o i writers ci disegnano sopra, oppure, al contrario, quando rivelano o sottolineano invece di nascondere (foto n. 16 e 17; foto n. 9, 22 e 23). |
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''' di opeio commento di LorenzaF |
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Opeio, prova a guardare Billboards di Maurizio Montagna, ti potrebbe interessare: http://www.mauriziomontagna.it/album/billboard . |
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St di Mark Cats commento di LorenzaF |
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Bella, bell'inquadratura simmetrica, molto carina la ragazza a sinistra, buona nitidezza, bello il gesto della donna a destra, la trovo davvero molto gradevole; non c'è dramma, non c'é mistero, una parla ma evidentemente non sta dicendo niente di particolarmente interessante, visto che l'altra ascolta indifferente e anzi guarda altrove; la ragazza si sta per accendere una sigaretta, pare, e pensa ai fatti suoi. La storia finisce.
Ora, se vuoi, guarda questa (Winogrand): persone tagliate a metà, piedi mozzi, la panchina é storta, il bianco e nero potrebbe pure essere meglio, ma perché la ragazza in centro pare sconvolta? Forse é successo qualcosa di terribile ma il segreto lo sta bisbigliando la terza amica nell'orecchio di quella che sta consolando la prima, e noi non lo sapremo mai. E le due a destra, perché si girano con tanto interesse? Una si toglie gli occhiali per vedere meglio, l'altra si aggiusta i capelli. Chi ha visto? Chi sta arrivando? Per non dire della coppia ragazzo nero-ragazza bianca, che parla animatamente alla sinistra; la foto é del 1964, Indovina chi viene a cena é del 1967, quando la foto é stata scattata le relazioni interrazziali sono ancora cosa controversa in America; sono fidanzati, sono solo amici, si sono appena conosciuti sulla panchina? Anche questo, non lo sapremo mai. Ogni gruppo ha - pare avere - una storia piena di implicazioni e ciascuno rimanda all'altro per via delle somiglianze e differenze negli abiti e nelle posture; verrebbe voglia di saperne di più, i significati si moltiplicano e la foto conserva la capacità di interrogare. |
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Il coraggio di metterci la faccia di Gianluca Riefolo commento di LorenzaF |
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La tua foto non mi dispiace affatto, anzi, nel genere selfie è praticamente la Gioconda.
Sul copiare: il fatto di guardare le foto degli altri, quelli davvero bravi, serve per imparare due cose: 1) la soluzione formale, che qui nella foto di Ritts non vuole dire bianco/nero, volto rivolto a sinistra e mani messe in un certo modo, che sono aspetti estrinseci, ma significa impostazione centrale, taglio stretto, minima profondita di campo per avere volto molto nitido e definito inquadrato da braccia molto pelose fuori fuoco che creano una cornice "soffice" e indistinta; sotto questo profilo la tua foto è l'esatto opposto; 2) il modo in cui viene trasmesso il senso della foto, qui il fatto che Gibson ha il mento appoggiato ad un braccio e con l'altro pare farsi schermo con la mano dalla luce, lo sguardo è fermo, suggerisce qualcosa sul genere del riposo del guerriero (era il 1985, l'anno di Mad Max beyond the Thunderdome, Gibson interpretava un eroe postapocalittico); la tua anche sotto questo profilo completamente diversa.
Si tratta quindi di capire i meccanismi sottili che fanno funzionare una foto per poi imitarli in situazione e con soggetti diversi e per farlo bisogna necessariamente averli fatti propri. Dunque un copiare, se vuoi chiamarlo cosi, che presuppone una comprensione non banale del modello. |
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