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st di torkio commento di surgeon |
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Il taglio verticale mette in scena il gioco di luci ed ombre di un porticato, dove vengono riprese alcune figure a passeggio. L'autore utilizza una focale tele, scattando ad altezza occhi. Le tre figure umane rapresentate non coinvolgono lo spettatore: vengono riprese lontane e tutte di spalle. L'inquadratura soffre di un evidente inclinazione verso sinistra. Una scena dal contenuto debole, non originale, che punta tutto sul ritmo di chiaro-scuro creato dalle colonne del porticato riprese in prospettiva. Ne aspetto altre torkio. |
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Mexico City 031865 di alxcoghe commento di surgeon |
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Una buona scena life di Alxcoghe.
Il fotogramma verticale riesce a contenere bene le varie ed eterogenee figure: tutti a fare qualcosa per trascorrere il tempo: giocare, leggere, dormire,etc.. Non uguale il destino dell'originale contesto, rappresentato dalla sala di attesa e dalle sue pareti disegnate: il taglio verticale è leggermente stretto a sinistra, dove l'occhio della rappresentazione cade sul confine dell'inquadratura e chiede spazio. Questo occhio singolo, circondato da una forma rossa, possiede un grande peso visivo che magnetizza l'attenzione in quel punto, molto di più dei restanti sguardi in camera della rappresentazione disegnata sul muro. L'autore ha utilizzato un tempo troppo basso di scatto creando un mosso sul ragazzo con la maglia verde ed una minore nitidezza generale. Non vi è dubbio che l'autore ha dovuto fare i conti con delle condizioni di luce non idonee, costringendolo ad aprire molto il diaframma e ad abbassare i tempi. |
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Dannato alle porte dell'inferno di Playlight commento di surgeon |
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L'immagine di Playlight ha il sapore della "posa" e della "costruzione scenografica". Sembra che venga a mancare il carattere di genuinità della scena ripresa, punto cardine delle immagini street and life che si riflette quindi nella lettura specifica del testo e nel tipo di critica richiesta. Forse l'autore può aiutarci nel capire meglio quali sono state le intenzioni fotografiche.
a disposizione per un confronto |
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Mi chiamo Mork .... di perozzi commento di surgeon |
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Il nostro perozzi è fra i pochi che ha metabolizzato gran parte della mentalità street e questo scatto ne è la conferma. Ma mi chiedo: perchè hai schiacciato questo felice reframing con un'angolatura dall'alto verso il basso? Ancora: perchè hai stretto in maniera così esasperata sull'uovo? Una maggiore contestualizzazione fra quegli scaffali di supermercato sarebe stata sicuramente benefica.
ciao e a presto  |
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lungofiume Haungpoo all'alba 2, Shanghai 2006 di Steele commento di surgeon |
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L'idea che sostiene lo scatto di Steele è buona. Meno la realizzazione: il taglio fotografico appare azzardato con una netta amputazione sul lato sinistro di una mano e su quello inferiore di un piede. Molte le sovrapposizioni tra le figure in scena. Anche l'uomo a piedi che passa in bicicletta è molto prossimo al gruppo di sportivi intenti a fare ginnastica all'aperto, creando un ulteriore sensazione di affollamento. Il bianco e nero forse non è la scelta migliore per questa istantanea: lo sguardo parte dai gesti insoliti delle persone che fanno ginnastica, da quelle mani sollevate che si staccano bene dallo sfondo chiaro, successivamente viene proiettato sul cielo sovraesposto e poi tende a scivolare via dall'inquadratura in alto a destra. Complici sono anche i toni scuri della parte bassa della scena. Va sicuramente spezzata una lancia a favore dell'autore: in queste situazioni non è sempre facile avere delle inquadrature pulite a causa degli innumerevoli disturbi presenti. Rimane conunque una buona intuizione.
ciao Steele  |
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incontro di aj72 commento di surgeon |
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Al di là di una resa generale scarsa la fotografia di aj72 ha il pregio di catturare un buon momento. Sei riuscito a fermare dei gesti ed un'espressione significativa. Pur tuttavia il taglio fotografico e l'inquadratura potevano essere meglio curati: avresti potuto valorizzare meglio la figura del fanciullo in basso a discapito di quel cielo omogeneo e sovraesposto in alto. Continua a mandarci delle foto  |
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Drum Police di evil empire commento di surgeon |
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Una buona scena di strada questa di evil empire, realizzata con la giusta focale e da una distanza ravvicinata. I personaggi ci sono e la storia appare interessante. Non era facile in questo contesto affollato. Le uniche osservazioni che mi senti di farti sono la lieve sovrapposizione del poliziotto con gli astanti seduti a terra e la scelta del bianco e nero per rappresentare la scena: i neri sono molto chiusi e tendono a fondere le forme fra di loro; ci sono nuemerose sovreaesposizioni sullo sfondo che sviano l'occhio dai personaggi principali.
ne aspetto altre |
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... di Hero commento di surgeon |
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Questa volta il nostro hero si lascia andare a nuove sperimentazioni: un’ intrigante percezione fotografica, di quelle fluttuanti e incerte che tentano di fissare quel movimento liquido di impressioni, colori, forme, che rappresenta la città. Un bel gioco di trasparenze a cui l’autore non cede la mano ma rimane saldo alla ricerca di una struttura, alla ricerca coscienziosa di una storia da raccontare. Quella famiglia a passeggio guida l’attenzione visiva e funziona da catalizzatore enzimatico della dimensione opaca, riflessiva. Il gioco del “dentro e fuori” si realizza bene con una meravigliosa rima di forme plastiche e di contrasti: linee rette che si ripetono e si richiamano.
Un buon lavoro Roberto |
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Arrivo o Partenza? di VegA79 commento di surgeon |
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L'autore lascia le sorti interpretative dell'istantanea all'ancoraggio di un titolo interrogativo. La scena riprende un soggetto di spalle, fortemente centrale, ad una notevole distanza, lievemente mosso, utilizzando una conversione in bianco e nero discutibile che inghiottisce tutta la figura umana negli stessi toni. Il contesto, rappresentato dall' interno di un aereoporto qualsiasi, non aggiunge niente di speciale ad una scena piuttosto banale. Nemmeno l'artificio opaco della vignettatura riesce a regalare un significato preciso all'istantanea. Purtroppo la scena è debole e l'indovinello del titolo non è sufficiente a integrare il testo visivo. Se hai voglia e tempo ti posso consigliare alcune letture interessanti sul genere street and life.
ciao VegA79 |
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preghiere di enzo penna commento di surgeon |
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Un altro ottimo lavoro del nostro Enzo Penna
Incominciamo il commento della fotografia con la lettura delle informazioni materiali: si identificano concettualmente sei figure umane, cinque donne ed un uomo. Abbiamo la presenza di un muro grezzo, dove sono impresse le spatolate del cemento e sullo sfondo la porta d’entrata di una unità abitativa. L’autore scatta da vicino, ad altezza occhi, frontalmente ai personaggi, che appaiono ripresi in modalità "mezzo busto": quattro donne superiori dietro il muro di cemento spatolato, e l’uomo inferiore, ripreso con un "primo piano", creato dal taglio fotografico. Sull’estremità sinistra dell’inquadratura appare un emivolto di donna, che si trova su di una linea posteriore ai quattro mezzi busti di donne. Tutte e quattro le mezze figure vengono riprese con il gesto comune delle braccia appoggiate con i gomiti al piano del muro e delle mani raccolte. Tre delle donne vengono riprese di tre quarti, mentre guardano verso il lato sinistro dell’inquadratura verso qualcosa di non visibile. La donna con il vestito a righe e l’uomo del piano inferiore guardano in camera ed attivano un fuori campo speciale che interroga lo spettatore. Ed è proprio da questa traccia evidente dell’enunciazione fotografica che parte la lettura dell’istantanea. Un’interrogazione pressante che chiama in causa l’autore e sembra domandargli un perché. I due individui riescono a magnetizzare l’attenzione dello spectator che li studia e cerca di estrapolarne i caratteri fisiognomici, le singole identità. Così come vengono passati in rassegna anche i volti delle altre figure, alla medesima ricerca di tratti specifici, fisiognomici, ancora di identità singole. Ma è proprio in questo lavorio psicologico continuo che affievolisce progressivamente l’idea delle singole identità a favore della nascita di una nuova e più pregnante “identità collettiva”. Si respira una sorta di dialettica fra i singoli volti ed un soggetto fotografico che appare invece “collettivo”. Le pose ritmiche e le attitudini corporee cercate dal nostro Penna, la comunione di gesti, amalgamate alle connotazioni di un titolo aperto, regalano i segni di questa “identità di gruppo”. Utile in questo senso, viene la definizione che gli psicologi sociali danno dei “gruppi”, coniata da Karl Polanyi, che distingue due tipi di aggregazione: il “gruppo” vero e la “comunità”. Un gruppo si costituisce quando gli individui che si congregano hanno interessi uguali, ma valori etici diversi. Una comunità si costituisce quando gli individui che si congregano hanno valori etici uguali, ma interessi differenti. Quelle mani unite in preghiera sono il segno di una comunità unita e tutto questo “soggetto collettivo” appare come un unum intorno a quel muro spatolato, all'interno di questo spazio intimo davanti alla porta di casa, esprimendo un valore per sé e per tutta la collettività cui fa parte, un valore religioso e sociale dal quale tutti gli appartenenti sembrano essere investiti. Ed è proprio quel doppio debrayage enunciazionale che domanda allo spettatore se vuole far parte di questa comunità, se vuol condividere gli stessi valori, le stesse tradizioni, di invocare le stesse “preghiere”. Il nostro Penna, sensibile all’alterità del momento, si presenta con atteggiamento umile, per porsi in ascolto. Ancora una volta il fotogramma dell’autore rivela un desiderio profondo di entrare in contatto con altre identità, consapevole che attraverso questo profonda curiosità , oltre a sviluppare maggiore coscienza della sua identità, diventerà più ricco, delle alterità riconosciute. Davvero un buon lavoro. L’unica nota tecnica è il taglio a sinistra, con la presenza di quell’emivolto di donna che lascia un senso di incompiuto.
Bravo Enzo |
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Le ombre del Barocco di Adamas commento di surgeon |
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Una fotografia street decisamente ben fatta questa di Adamas. Il taglio verticale riesce a raccontare e a persuadere lo spettatore mettendo in scena uno strano ominide. Tutto viene composto con cura: la figura dell'uomo viene congelata bene all'interno della composizione, con una buona estensione di passo, con la giusta aria intorno e con l'intera sagoma, della caratteristica ombra riflessa, sul terreno. Il contesto molto particolare, con quei balconi caratteristici in ferro battuto, le finestre con i loro decori, raccontano molto del luogo, ambientando meravigliosamente la sorpresa barocca di questa colonna vivente.
un buon lavoro |
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... di Hero commento di surgeon |
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Un buon scatto questo di Hero dove la luce diventa protagonista della fotografia. Semplici ed essenziali gli elementi messi in scena che producono però un risultato decisamente interessante. Lo sguardo in camera della donna sulla sinistra, oltre a funzionare da rivelatore dello spazio topologico e dell'enunciazione, con i suoi soliti risvolti psicologici, disegna un carattere particolare: il "volto" luminoso nasce quasi dal "silenzio" dello sfondo, un silenzio cromatico che coinvolge metà fotogramma e a cui partecipa quasi tutta la figura stessa della donna. I suoi vestiti scuri sono quasi inghiottiti dai toni simili dello sfondo. Nell'altra metà dell'inquadratura abbiamo invece una luce ubiquitaria, una "voce" ben presente che viene questa volta interrotta da un'ombra silenziosa. Quasi un ossimoro visivo fra le due metà del frame: bastava che la ragazza non avesse quelle scarpette da ginnastica bianche. Sei sempre interessante Roberto. |
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Ostia di Nash commento di surgeon |
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Un'altra bella istantanea del nostro Nash.
Una buona composizione verticale per raccogliere tutti questi spettatori, durante lo spettacolo marino del passaggio di un'aereo di linea. Non vi è dubbio che siamo di fronte ad una buona prontezza di riflessi quella che ha fermato la scena: d'altra parte l'inquadratura poteva essere perfettibile nell'evitare: l'orizzonte inclinato, la piccola sovrapposizione fra il bambino in ginocchio sulla battigia e la coppia di passanti dietro e nel lieve sbilanciamento generale a sinistra. Mi piace molto il piede scuro di questo bianco e nero: questa grande buca circolare che contiene un'altro giovane astante e che dialoga con quel pallone chiaro sulla sinistra del frame. Avrei preferito però vederlo concluso questo cerchio in basso.
Mi raccomando: non ci fare mancare le tue fotografie Massimiliano.. |
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strength di felixbo commento di surgeon |
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Ancora un ottimo lavoro di felixbo
Bello e coinvolgente lo sguardo dell'autore, la sua mira raccolta. Notevole questo ritaglio di reale, questa amputazione di visibile. Un' inquadratura prepotentemente attiva, che conduce in maniera centripeta, dalla periferia verso il centro, sicuri verso il soggetto principale, complice quel tubo flessibile che dall'angolo superiore destro scende, cattura lo sguardo dello spettatore e lo accompagna senza soste al fulcro dell'istantanea. L'autore ha avuto cura nell'includerlo tutto e questo lo ripaga esponenzialmente per la sua dovizia. Al centro del frame vi è un operaio piegato sulle ginocchia, in evidente sforzo muscolare, mentre aziona un martello demolitore. Il movimento bloccato mette in evidenza “l’aspetto durativo” dell’azione: non solo la potenza e l’intensità dello sforzo fisico richiesto , ma anche la resistenza e l’equilibrio su di un terreno incerto. La messa in scena di un lavoro molto impegnativo e non scevro di pericoli. Un lavoro per ragazzi sani e vigorosi. Un lavoro “strenght” per giovani incoscienti: nessun tipo di protezione che assicuri il futuro, nessuna precauzione per stare tranquilli. La punta del martello demolitore penetra nel muro di cemento armato e da questo veniamo rimbalzati nuovamente sul soggetto in azione, dalle innumerevoli longarine che spuntano da questo. Alle sue spalle altrettanti tondini di ferro che fuoriescono dalle pareti di un altro muro di cemento. Non riusciamo ad uscire dalla scena, rimaniamo in stallo, subiamo questa tensione, questo lavorio, quasi respiriamo la polvere ed il pulviscolo delle fresate sul cemento. C’è forza ma anche stanchezza, c’è coraggio ma anche paura, incoscienza e bisogni: un logorio continuo, una fatica psicologica. Dietro di quest’uomo un’altra figura al lavoro su questi freddi muri, chinata e concentrata anch’essa sui colpi di un martello. Una figura quasi speculare anch’essa intrappolata inesorabilmente fra il mondo duro e oppressivo di queste mura di cemento armato. Un altro giovane al lavoro sul cantiere, con un’altra dura giornata da trascorrere. L’autore dipinge tutto con un ottimo bianco e nero: i fianchi del taglio fotografico, gli angoli, il piede dell’istantanea guidano lo sguardo verso il chiaro dell’uomo. Tutta la scena restituisce una sua tridimensionalità: si respira questa “forza”, questa fatica, nell’aria sporca di questo cantiere all'aperto, nella polvere grigia che aleggia davanti al martello demolitore.
Vorrei che l’autore continuasse sempre di più a frequentare la sezione. |
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s.t. di belgarath commento di surgeon |
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Citazione: | Non dimenticare mai che ci sono scene che vanno valutate approcciandole come rappresentazione globale della realtà che ha al suo interno elementi diversi, non come manifestazione univoca di questi elementi. Poi può essere più o meno riuscita, ma dev'essere l'immagine nel complesso a stabilirlo, mai il modo in cui la approcciamo e sezioniamo. Perchè l'immagine (sempre, non solo questa mia) è un frammento di realtà che va al di là della somma dei suoi elementi |
Di questo non vi è dubbio.
L’approccio metodico, rigido, da vivisezione, che ho adottato non è in contrasto con l’analisi dell’immagine in generale e non snatura la rappresentazione globale dell’immagine in esame. E il vecchio metodo del cosa-come e perché sempre utilizzato.
Ripartiamo dalla lettura dell’informazione materiale relativa all’immagine di Belgarath. Per quanto riguarda l’identificazione concettuale di ciò che è rappresentato nell’immagine e che avevo saltato per sintesi, vede la presenza di: un uomo, in pantaloni corti che trasporta una grande scatola con rotelle (apparentemente vuota con il coperchio dritto al suo interno, dove rimane attaccata un’etichetta); una porzione di scala con andamento ascendente da sinistra verso destra (potrei azzardare che si tratti di una scala mobile senza però avere dei riscontri oggettivi) delimitata da due pareti trasparenti sui quali sono presenti dei riflessi; una mano di uomo, appoggiata ad un corrimano della scala stessa. Ripetiamo velocemente il “come” viene rappresentata: l’autore scatta da lontano mediante una focale tele, con un tempo breve per congelare le posture, con una decisa angolazione dal basso verso l'alto e lievemente da destra. Questa ha permesso di riprendere l’uomo non frontalmente, e di sovrapporre completamente la grande scatola bianca con l'estremità superiore dell'uomo. L'inquadratura verticale presenta altre due peculiarità: una mano che affaccia decisa dal margine destro del frame ed un'occlusione visiva dei piedi dell'uomo, data dalla struttura inferiore della scale. Il contesto di ciò che è rappresentato consiste di uno sfondo architettonico con un ritmo regolare di linee verticali che vanno a dialogare con le diagonali della scala. Si viene a creare una geometria evidente enfatizzata anche dai colori all’interno della quale vengono presentati i precedenti elementi. Il colore riveste un ruolo determinante ponendo enfasi sulla scatola bianca vuota e sullo sfondo blù architettonico. Qual è il significato di quanto ho identificato concettualmente? Il “perché” di questo “cosa” detto in un certo “come”? Il motore dello scatto potrebbe essere stato quello della ricerca dell’insolito, dello scarto dall’ordinario: la creazione di un essere antropomorfo che ben si contestualizzerebbe sullo sfondo geometrico, mediante la fusione di due entità segniche (la grande scatola e l’uomo con i pantaloni corti). Se l’incipit era quello non si vede il perché l’autore volesse includere volontariamente (il campanello d'allarme aveva già suonato dopo qualche decimo di secondo..era sottointeso e scontato questo..) una mano al bordo estremo del fotogramma. Non vi è dubbio che questa rappresenta quindi un altro elemento essenziale che l’autore ha incluso coscientemente per poter comunicare un messaggio specifico. Che relazione assume, se l’assume, con gli altri elementi della composizione? Innanzitutto questa non rimane un’entità a se stante ma produce un fuori-campo che stimola mentalmente l’osservatore a dare un corpo umano, quindi assume una valenza metonimica, di richiamo, evidente. Un uomo di cui conosciamo solo la mano e che sappiamo “appoggiata” sul corrimano della scala. Potrebbe essere un uomo qualunque, è l’emblema di un uomo. Questa mano appoggiata alla scala, molto probabilmente per cercare un equilibrio posturale di quest’uomo immaginato, durante la salita o la discesa (non lo sappiamo, anche se la lettura occidentale opterebbe per una salita), costituisce un elemento segnico che si ripete nella composizione: ne abbiamo altre due che tengono saldamente la grande scatola, una delle quali ha anche un avambraccio visibile. Anche queste due mani appartengono ad un uomo sconosciuto che potrebbe essere chiunque. Quindi abbiamo una mano appoggiata ad un corrimano per aiutare un corpo immaginario nel suo equilibrio e altre due per “afferrare” e trattenere un oggetto di grandi dimensioni, evitare che cada durante il percorso della scala. C'è un minimo denominatore comune? Forse si: sono alcune delle numerose funzioni che permettono le mani dell'uomo. Ci sono altre possibili relazioni con altri elementi della composizione? Si potrebbe mettere in relazione la mano a bordo fotogramma con tutti gli altri pezzi umani presenti: due porzioni di gambe senza piedi e le precedenti mani con annesso avambraccio. Ne risulta qualcosa di significativo? A me non riesce. Il contesto geometrico in questo caso può aggiungere informazioni a questa ipotesi di relazione? Non mi sembra. La visibilità di queste mani o di queste porzioni umane, in termini di luce, proporzioni ,assetto, è tale da prevalere a quella creata dalla grande scatola bianca ( che appare ai limiti della sovraesposizione)? Non mi risulta. In conclusione si rimane in stallo: abbiamo un “tentativo” (ho spiegato nel mio precedente commento il motivo visivo della sua non perfetta riuscita) di produzione di una figura antropomorfa, certamente interessante, in antagonismo con il potenziale metonimico e le labili relazioni visive di una mano tagliata, entrambi frutto di una sottile retorica visiva, ma non autosufficienti. Tu affermi che “nessuna di queste due ipotesi è privilegiata”: dici proprio bene. Come quando al ristorante ti portano il piatto “mare e monti”: ti attira l’occhio ma poi dopo che lo hai finito non rimani pienamente soddisfatto, e avresti preferito quello solo di mare.. Ho atteso a darne una lettura volutamente da “vivisezione” per non influenzare eventuali letture. Poi, sicuro che tu gradissi un esame anatomopatologico, ho fatto una dissezione veloce. Ho subito pensato che dietro allo scatto ci fossero quelle che io chiamo “conoscenze previe” al cui livello l’autore ha posto la sua “cosa” e indispensabili per poter integrare il testo visivo. Per conoscenze previe intendo: come facevo a sapere che si tratta di IKEA? Si poteva intuire da una tua precedente fotografia in galleria ma non sarebbe stata comunque probante ( il testo non lo dice oggettivamente). Inoltre: come facciamo a sapere che in quel momento ti è tornato in mente il ricordo del monologo di Fight Club, quello poi specifico relativo al possesso delle cose materiali? Ma anche se per assurdo si potesse risalire ai pensieri prima dello scatto e ipoteticamente ce ne fornivi le traccie con l’ancoraggio di un titolo o l’utilizzo di una didascalia, al fine di aiutare l'osservatore a coglierne il senso specifico originario, il tuo concetto “possesso-prendere-mani che prendono qualcosa" non è oggettivo: le mani ci sono ma non hanno funzione visiva di “possesso”_: una mano, quella a bordo fotogramma verosimilmente “si appoggia” per cercare un equilibrio e una stabilità posturale su quella scala che sembra tanto mobile, mentre le altre due hanno la funzione visiva di "sorreggere", "sostenere", una grossa scatola per evitare che cada durante il tragitto di trasporto su questa scala. Quindi niente che possa far interpretare le loro funzioni come “possesso di cose materiali”, detenzione, proprietà, etc. Quelle mani che tengono la scatola potrebbero essere non del suo proprietario (inteso nel termine proprio del possesso) ma di una persona qualunque che riporta la scatola (forse vuota, senza beni da possedere, visto che ha il coperchio alzato) nei magazzini, oppure la sta trasportando ad un’altra persona che l’aspetta ai parcheggi in basso. Solo per fare qualche esempio. Il concetto di “possesso-prendere-mani” non esce univoco come messaggio dal testo visivo ma presenta una bassa congruità interpretativa. Anche il messaggio originalissimo “di uomini che si manifestano col mondo solo tramite le loro mani” non è oggettivo nel testo: ci sono anche selezionate gambe, ginocchia, avambracci. D’accordo, si può obiettare che non sono in evidenza come le mani (torniamo ai fattori di luce e visibilità menzionati) ma allora lo sono sempre meno di quella grande scatola bianca che abbiamo visto attivare enzimaticamente un Pac Man, uno Sponge Ball, o trovare addirittura un’analogia con la scritta dell’etichetta (menzionata nella fase di identificazone concettuale) sul coperchio dritto della scatola. Ho pensato anche ad un possibile ruolo dei riflessi che avevo citato nella prima fase di identificazione concettuale della “cosa” rappresentata ma non mi ha portato a niente. Conosciamo entrambi la "forma mentis” del fotografo di strada, forse più te vecchia cariatide: quando guardiamo una fotografia street dobbiamo riflettere che quella che vediamo è soprattutto un’ immagine mentale. Questo piano mentale della fotografia può coincidere con il piano puramente descrittivo (quello cioè che la fotografia rappresenta ) ma che non sempre lo riflette (la vivisezione serve a questo). Questo piano mentale arricchisce le nostre percezioni del piano descrittivo. La genesi di questo piano mentale deriva da come il fotografo ha organizzato mentalmente la sua immagine. Abbastanza spesso quando scattiamo delle fotografie street seguiamo dei “modelli mentali” che sono il risultato degli stimoli dati dall’intuito, dai condizionamenti (tanti del Web) e soprattutto dalla nostra comprensione e interpretazione della realtà. Da una parte , il modello può essere rigido e fossilizzato, limitato dall’accumularsi dei condizionamenti: un fotografo riconosce solo i soggetti che si adattano bene a quel modello. Ma sappiamo anche che un modello può essere flessibile, e può recepire e adattarsi a nuove percezioni. Per la maggior parte dei fotografi, questi modelli operano a livello inconscio. Tuttavia il fotografo può rendere manifesto il modello e porre quest’ultimo, così come il piano mentale dell’istantanea, sotto il proprio controllo, la propria consapevolezza. Quando scattiamo una fotografia, le percezioni alimentano il nostro modello mentale. Il nostro modello si adatta per fare posto alle percezioni (il che conduce a cambiare le nostre decisioni sulla fotografia). Questo cambiamento del modello a sua volta trasforma le nostre percezioni e così via. E’ un processo dinamico auto-modificante; un feedback- loop. E’ una complessa, continua, spontanea interazione fra l’osservazione, la comprensione, l’immaginazione e l’intenzione. Se ti ricordi bene ne abbiamo parlato durante le nostre chiacchierate virtuali.
Citazione: | Più che altro il percorso è stato:
- toh, "alieno" che si materializza
- porca zozza, sono lontano e c'è l'altra persona che mi impalla l'inquadratura
- uhm.. però quella mano... e pure dell'altro si vedono le mani...idea...
- dai, scatto e vediamo come esce il tutto |
Questo “cambio di decisione” si rileva bene dal testo visivo in esame che però non riesce ad auto- completarsi, a prendere una decisione.
Rimane comunque un’ottimo sintomo.
Ps. non essere perplesso: lo sai che mi piace essere chirurgico  |
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s.t. di belgarath commento di surgeon |
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Salto completamente l'identificazione concettuale di ciò che è rappresentato, ed arrivo al "come". E' stata usata una ripresa tele con una decisa inclinazione dal basso verso l'alto e lievemente da destra. Questa ha permesso di sovrapporre completamente la grande scatola bianca con l'estremità superiore dell'uomo. L'inquadratura verticale presenta altre due peculiarità: una mano che affaccia decisa dal margine destro del frame ed un'occlusione visiva dei piedi dell'uomo data dalla struttura della scale. Il contesto elegante intorno a questi elementi risulta funzionale con l’idea di partenza. Iniziamo dal primo tipo di occlusione, quella fra scatola bianca e uomo cercata volontariamente al fine di ottenere la trasformazione metamorfica: si realizza il collegamento dei contorni ma non la continuità delle forme in maniera perfetta. La saldatura visiva soffre della presenza di uno spessore percepibile della grande scatola bianca, ben visibile nella sua proiezione assonometrica (di cui l'inclinazione e il punto di vista scelto ne sono responsabili) e che si riconosce anteriore al corpo dell'uomo. La sfalzatura dei due corrimano della scala, e l'utilizzo come appoggio per la grande scatola, del più anteriore di questi, rafforza ulteriormente il concetto. La diversa cromia delle singole unità, che tende ad avvicinare l'unità più chiara e allontanare quella scura contribuisce anch'essa a restituire il sapore di verità, allontanando l' ideale parola-macedonia. Come se la temperatura o la pressione di questa saldatura visiva non permettessero l'esatto punto di fusione della nuova ed originalissima realtà intuita. La seconda occlusione, quella della mano a destra è responsabile di un fuori campo piuttosto marcato. Come non immaginare l'uomo che gli appartiene? La forza mentale dell'articio è notevole, sbilanciando la composizione senza un significato fruibile, diluendo la potenziale intuizione. Non è una singola mano in gioco nell'inquadratura e una possibile relazione con le altre due ben visibili ma uno spazio-off a cui la ginnastica neuronale deve dare una risposta. La relazione fra le mani seppur possibile presenta il minor grado di congruità interpretativa: poiche non sono solo queste porzioni umane in gioco ci sono anche altri tre "pezzi" della stessa pasta iconica rappresentati dagli arti inferiori amputati dell'uomo ed un avambraccio sinistro. No reframing no party  |
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... di Hero commento di surgeon |
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L'istantanea di Hero rappresenta un piccione mentre sta camminando su di una pavimentazione al di sopra delle quali si trovano le bancarelle chiuse di un mercatino di città. Sullo sfondo è presente un'apertura che conduce su di una via laterale aperta al traffico, dove si può scorgere un passante con al guinzaglio un cane, alcune macchine e motocicli parcheggiati. L'autore sceglie una ripresa ravvicinata, dall'alto verso il basso realizzando un'inquadratura passiva: tutti i bordi combaciano con la fine dell'immagine attivando degli spazi off. La struttura della fotografia parte dalla zona di quel piccione (pergiunta congelato in una direzione centrifuga) e si fa largo verso i margini, suggerendo lo spazio che continua oltre questi. L'idea è quella di mettere in evidenza il comportamento strano del volatile che occupa l'ambiente tipico per un essere umano. Ed è proprio la struttura dell'immagine e quel fuori campo intuito che annulla la buona idea di partenza: il piccione potrebbe essere arrivato da questa parte oppure da quella opposta e in questo momento volesse uscire. Le aperture per giustificare un tale tipo di comportamento e riportarlo all'ordinario sono presenti. Diverso sarebbe stato se il contesto che conteneva il piccione non gli avesse permesso un'ipotetica uscita ma dato l'illusione di occupare un ambiente a lui estraneo: magari l'interno di un bar sotto il bancone delle colazioni.. Questa rimane un'istantanea ad un piccione di città che scorrazza a piedi.
Il motore dello scatto è buono, continua così.. |
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street 72 di surgeon commento di surgeon |
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Grazie a Massimo ed a Felix per i commenti lasciati allo scatto, rappresentano ulteriori riscontri da farne tesoro. |
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... di Hero commento di surgeon |
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Non sei tornato esattamente sul luogo del delitto ma le vetrine del negozio della Benetton ti piacciono tanto.. Una scena simpatica, costruita bene nella sua composizione, con un taglio buono che lamenta solo il trasparire di strutture fastidiose lungo i margini laterali. Bravo anche a scegliere un punto di vista frontale che ti ha permesso di mimetizzare un segnale stradale che avrebbe attirato molta attenzione nella lettura visiva. Due poli narrativi antitetici raccontati con gusto ed accompagnati dall'emozione dei colori.
ne aspetto altre Roberto |
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subterranean ballad di DAN!ele commento di surgeon |
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Lo scatto di DAN!ele ha il gusto di un esperimento fine a se stesso. Un fotogramma con un inquadratura verso l'alto che pone in rilievo il tetto a mattoni di questo sottopassagio sconosciuto, dove figure anonime lo stanno percorrendo in entrambi i sensi di marcia. Una composizione infelice che taglia i personaggi in maniera del tutto casuale e disomogenea associata ad un tempo estrusivo poco funzionale. L'ancoraggio del titolo non risolleva le sorti del fotogramma rivelando un'incongruità di messaggio: non si respira il ritmo di una "ballata sotterranea" ma piuttosto di un'opprimente stato allucinatorio. L'autore va comunque premiato per lo spirito di ricerca, sempre lodevole, e a lungo andare fruttuoso. Se hai voglia e tempo ti posso consigliare delle ottime letture all'interno della sezione Street a Life.
ne aspetto altre i DAN!ele |
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