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photo4u.it - Interviste
Dialogo tra Teresa e un Non So - Parte II
Segue dalla prima parte dell'intervista >>> Clicca qui

Alla Zanetti fotografa, lì per lì, mi verrebbe da chiedere: conoscendo la tua verve, e guardando la tua galleria, mi sarei aspettato una produzione molto più esuberante e in linea con la grande passione che traspare dai tuoi scritti.

Mentre invece, a una prima occhiata, sembri molto più trattenuta nel farle, le foto, che nell'analizzarle. Non sarà che la teoria, con le sue speculazioni e modelli alti, alla lunga rischia di porre più dubbi che risolverne? Nella pratica praticona, dico.

Non vorrei… Very Happy

In realtà ti chiedo a bruciapelo: specchio o finestra? Very Happy Very Happy Very Happy

teresa zanettiteresa zanettiteresa zanetti
...metamorfosi della terra - sulle strade di giacomelli - 5impulsi esitazioni


Tere: Oltre alla durata nel tempo, la serie dà la possibilità di ricomporre le fotografie secondo sequenze variabili. Ad esempio Parr usa alcune fotografie del lavoro confluito nel libro Benidorm per altri lavori (Common sense e Life's a Beach - notare il doppio senso di quest'ultimo titolo).

Così anche Ghirri con Kodachrome. Non si fanno scrupolo di pensare di averle già utilizzate, se tornano utili, le ripropongono. E il risultato non è un déjà vu, ma un altro significato. Questo si può fare solamente se la serie è intrinsecamente coerente. Le foto che compaiono in American photographs di Walker Evans, ma anche quelle di American surfaces di Shore o di American prospects di Sternfeld sono quelle e non sono state riproposte altrove.

Sant'Enrico da Bressone non si sarebbe mai sognato di utilizzare qualcuna delle fotografie di Images à la sauvette per un'altro lavoro!

Al più si sono viste integrazioni con altre, in successive edizioni, ma sempre appartenenti allo stesso progetto.

***

La morte dell'autore.

Quando facciamo una foto "alla Ghirri", o Basilico o Becher... Ci atteniamo a canoni pensati da loro. Cerchiamo, e magari riusciamo anche, di riprodurre il loro mondo fotografico. Allora a chi appartengono quelle fotografie? Sono davvero del tutto nostre? O loro (ecco la serie aperta!) continuano a camminare sulle nostre gambe?

***

Maggior esuberanza qualitativa o quantitativa?

In realtà fotografo moltissimo, ogni giorno. La procedura è una delle mie ossessioni. La metto costantemente a punto.

Attualmente sono fissata con il cellulare. Se Leica ha deciso di mettere il suo nome sulle lenti montate da Huawei deve esserci una valida ragione. Una delle mie scoperte recenti è lo stitching con immagini fatte da cellulare. Si ottengono files di buona qualità stampabili in grosse dimensioni. Il problema è la tenuta in notturno che non è ancora di livello. Ma non credo che ci vorrà molto a raggiungerla.

La signora delle elucubrazioni entra in gioco al momento di rendere pubblico il lavoro.

Sono un censore terribile.

Quindi effettivamente pubblico solo quello che mi sembra avere un senso.

Se invece la tua domanda era riferita alla qualità, beh... Pensa se pubblicassi tutto!!!

***

Specchio! Specchio! Specchio!

Il mondo tagliato a mia misura. Nelle mie fotografie c'è solo quello che mi rappresenta.

Sono e mi sento integralmente parte del problema.

Detto tra noi Szarkowski era certamente dio in campo fotografico in quel momento storico, ma si è preso delle belle cantonate: Arbus poteva davvero stare tra le finestre? A me pare che arbusizzasse il mondo intero!

Alessandro: {serie}

Al netto del solito ripasso a cui mi costringi (pure Sant'Enrico da Bressone! ennò eh…), posso dirti che le tue osservazioni sono molto interessanti anche per un profano come me. Verissimo che una foto è un valore influenzabile da quelle che le stanno vicino; per dirla con un chimico, tante più valenze ha tanti più composti può creare.

Le foto non sono intercambiabili, ma combinabili sì.

Ed è sacrosanto che un autore lo faccia come gli pare, non ci vedo niente di strano.

Quello su cui mi potrebbe venire qualche dubbio è la forza della coerenza che dici.

Potendo variare secondo la collocazione, dovrebbe essere una forza debole, mica tanto forte…

{le foto “alla maniera di”}

Appartengono sempre a chi le scatta. La fotografia, che io sappia, non ha un mercato inquinato da falsi come in pittura. Copie quante ne vuoi, ma falsi no. Almeno spero. Perciò se faccio una foto alla Ghirri, ci possono essere vari motivi, ma di sicuro c’è anche un tributo spontaneo che riconosco all’autore, un suo valore che mi è entrato dentro.

È uno di quegli straterelli di vernice culturale che affiorano, come si diceva scritti fa. Mi è venuto da pensare a certi musicisti classici, che non si scomponevano a scrivere brani after Tizio o Caio citandoli per nome nelle loro nuove composizioni. Un tributo palese in nuove cose originali.

teresa zanettiteresa zanettiteresa zanetti
chromosaturationfuryul'incomunicabilità


{galleria di Teresa}

No, per carità, parlo solo di numero!

Ti pare che io, ultimo venuto, a una prima occhiata possa parlare di qualità? Nemmeno a una seconda, se è per quello. Era un vago stupore quantitativo, ma hai chiarito prontamente la cosa. E sapere che produci tanto ma mostri poco, mi conferma la pericolosità della speculazione teorica nella resa fotografica amatoriale. Più ne sai, più problemi ti poni. Invece esistono fotografi naif, freschi come quarti di pollo, che riempiono le proprie gallerie senza tanti rovelli.

Vedi me, per esempio.

In realtà, anche io ho qualche oscuro timore a mostrare tutto, ma ho adottato una onesta via di mezzo rispetto a te. Metto molte foto (per me lo sono, anche se non in assoluto), ma non tutte in critica, secondo certi ondivaghi criteri. Così comunque se uno fosse curioso può vedere anche le cose dubbie per farsi un’idea. Che poi, certe volte, è venuto fuori che cose sottostimate in un primo momento siano poi piaciute a molti quando per qualche motivo mi sono deciso a pubblicarle.

(Parentesi. Questa caratteristica di p4u la adoro. Quando ho scoperto che potevo mettere una foto in galleria in sordina, senza farla necessariamente passare dalla critica, ma che comunque rimaneva pubblica, l’ho apprezzato moltissimo.
Così come la facilità di modifica e altre cosine dell’interfaccia che ora mi sfuggono ma so mi sono piaciute.
Insomma, bel posto anche come struttura, non solo bella gente.
Chiusa parentesi.)


L’uso del cellulare io lo sconsiglio nei discorsi spiccioli solo per via della risoluzione, ma a quanto mi dici la cosa è risolta e allora non ho nessunissima remora nell’apprezzare opere cellularesche se l’autore ne è soddisfatto.

Perché mi sembra di capire che il problema è solo quello, non la resa ma il renditore.

Comunque valuta a freddo coi tuoi occhi, non ti fidare solo della perfida Leica.

I marchi sono uguali in tutti i settori, fanno quello che gli conviene, e se la prestigiosa Leica mette il nome bene in vista sulle lenti di un telefonino, può non essere soltanto amore per la fotografia.

In sintesi: se pubblicassi magari non tutto ma molto di più, sarebbe un bene per tutti i curiosi e potresti anche avere delle piacevoli sorprese.

Te lo dice un frescone, ma convinto.

{5 min con Teresa}

Ecco, guarda, se mai la mia intervista dovesse prendere corpo, avrei già pronto il titolo: dialogo tra Teresa e un Non So.
Vabbè, rubacchiato, ma ci sta a pennello. E poi io rubo a tutti. Ad ogni modo, adesso guarderò con più attenzione la tua galleria e se mi viene l’estro ti chiederò dell’altro. Ma già adesso, dopo la prima sbirciata, ti posso chiedere: il Giappone ti è entrato dentro o lo guardi ancora da fuori?
Per la cronaca, nel mio caso vale la seconda ipotesi.

{specchio}

Un po’ me l’aspettavo, ma chissà perché ti immaginavo con più distacco. Diciamo uno “specchio” solo, e con qualche distinguo. Invece tre specchi è una risposta che non lascia dubbi. Io invece ho la sensazione di metterci poco di mio, se non il piacere della raccolta di immagini.
Mi vedo come un raccoglitore di figurine. Ritaglio il mio pezzettino di “realtà” (con tutte le virgolette di cui si è già detto), lo aggiusto, lo sistemo, e lo metto da parte. Non mi sono mai posto la domanda di quanto ci sia di mio lì dentro.

Specchio dunque no.

Ma anche sulla finestra avrei forti dubbi. Potrebbe andare “vetro sporco”?… Very Happy Non hai torto, è una classificazione efficace ma un po’ brutale.
Quanto alla Arbus, poveretta, effettivamente è riuscita ad arbussizzare anche sé stessa, alla fine…

Sono da sempre appassionata di Giappone (non di Oriente, ma proprio solo di Giappone), a causa di una mia compagna delle scuole elementari e medie che era vissuta là. (…)

Mapporcamiseria! La domanda sul Giappone te l’ho fatta prima di leggerlo. Come non detto. Ma guarda che combinazione.
Bello. Ma davvero esiste qualcuno che non strabili guardando una ceramica kintsugi? Barbari. Triste

Tere: Quanta carne al fuoco, mannaggia!!!

Sulla forza della coerenza.

E' una strada su cui sto camminando, senza aver raggiunto la meta. Quindi mi interessa sempre molto sapere quel che ne pensano gli altri.
A valle delle tue osservazioni, mi viene da dire che, se un fotografo scattasse a qualsiasi cosa perché sul momento gli piace, così ottenendo immagini incoerenti tra loro (delle serie anodine, se vogliamo), con quel materiale non sarebbe possibile costruire stringhe significanti,
a meno di non fare dei dada fotografici. Che ci può anche stare, perché in effetti i Dada non avevano scopo alcuno - a differenza dei Surrealisti.
Ma se prendiamo questa strada ci perdiamo in ben altre elucubrazioni.

Sulla domanda "a chi appartengono le fotografie alla maniera di ...?"

Non è esattamente un'idea mia, magari! Invece l'hanno elaborata fior di critici. Io però la sposo. Se mi approprio della procedura di un altro, faccio quantomeno qualcosa che è in condivisione con lui. La fotografia è un'immagine fragile: se te ne mostro una di un gasometro ripreso frontalmente,
realizzata con un banco 20x25, con una perfetta prospettiva centrale monofocale, da un'altezza esattamente mediana rispetto al soggetto, sullo sfondo di un cielo uniformemente grigio, stampata in bn su una carta baritata opaca e ti dico che l'hanno fatta i Becher, quali elementi hai per dire che non è così?

Anche se io ho azionato il congegno, l'idea che sta alla base è la loro. Credi che le fotografie firmate Brady o Alinari (tanto per rimanere in casa)
le abbiano fatte veramente tutte loro? Tutt'altro! Davano ai propri scagnozzi il libretto di istruzioni e li mandavano in giro per il mondo.
Poi apponevano la loro firma.

Sulla Galleria della TereZ.

Ti svelo un segreto. Ho un profilo Instagram. Su cui ho centinaia di foto. Tutte o quasi di architettura. Tutte fatte con il cellulare.
Ma lì i meccanismi sono completamente diversi. Premiano l'insistenza e la coerenza della galleria. E l'interazione. Ci sono autori bravissimi che nessuno si fila e perfetti incapaci con fotografie orrende ma piene di like. A me, da curiosa di dinamiche sociali, interessa la liquidità dei rapporti che ne nascono e da appassionata di fotografia serve come pozzo iconografico. Un pozzo di San Patrizio che pare inesauribile, da cui imparo le enormi differenze tra un luogo e l'altro e il modo di fotografarli a seconda che si tratti di posti che ci appartengono o che stiamo solo visitando da stranieri. In più mi serve da banco di prova sulla possibilità di ottenere impronte fotografie "consistenti" anche semplicemente usando il cellulare.
Tra i miei "followers" (seguaci LOL ) la maggioranza sono architetti.

Ho iniziato 30 anni fa.

L'architettura è sempre stata una mia fissazione. Sorrido quando mi spiegano quanto sia fondamentale il formato FF, quello che, per chi è abituato al grande formato (si parla di negativi le cui dimensioni sono espresse in centimetri a confronto con 24x36 mm), è microfotografia ...

All'inseguimento di un Tedesco, mi sono fatta regalare nel 1987, l'estate dei miei 18 anni a Düsseldorf. Con la scusa di frequentare un corso di fotografia e di migliorare il mio Tedesco... Il corso mi annoiò parecchio, lo teneva, tra gli altri, una signora grassottella con un caschetto biondo.
il mio Tedesco non l'ho migliorato. Nemmeno le mie capacità di dominare standarte e regole di Scheimpflug Very Happy

Il Tedesco che inseguivo si è messo con una Svedese (decisamente più disinibita di un'Italiana, per giunta figlia di un militare ...) Solo moltissimi anni dopo ho realizzato chi fosse quella signora che rispondeva al nome di Frau (Wobeser) Becher. Ecco perché perdo le staffe ogni tanto.

Matrimonio Leica Huawei

So benissimo che gli interessi sono prevalentemente economici, anche se sono bionda dentro, non sono del tutto ingenua ... Very Happy Non credo però che Leica si giocherebbe la reputazione se non fosse certa del successo. E comunque da quelle parti hanno sempre mostrato coraggio e lungimiranza: nel 1925 alla fiera di Lipsia presentarono quella che poi divenne la macchina fotografica dei fotografi veri.

E nessuno le diede peso. Un "arguto" giornalista del periodico torinese Corriere Fotografico, dopo aver parlato di tutte le macchine incontrate, tranne che di quella, concludeva che ancora non era stata inventata "la macchina che addita una via nuova, quella che risponde alle esigenze del nostro tempo".

Appunto.

La macchina deve essere leggera, pratica, veloce, invisibile, sempre a portata ... Io sono convinta che "la macchina che addita una via nuova, quella che risponde alle esigenze del nostro tempo" in questo terzo millennio sia proprio lo smartphone.

Sul Giappone non aggiungo altro, quello che è nella mia galleria è tutto. Sulle ceramiche kintsugi: sono commoventi. E sì, purtroppo esistono dei senzacuore che le denigrano.

Sugli specchi e le finestre. Di me poco da aggiungere. Non riesco a non farmi coinvolgere. Di te ... Un vetro-specchio, come nei dipartimenti di polizia americani?

Alessandro: {Becher}

Non ci posso credere! Ma guarda che bella storia… Hai acquisito quarti di nobiltà per contatto diretto. Grande. Roba contagiosa. Però mi sembra di capire che sei passata dal banco ottico al cellulare, e questo depone a favore della tua indipendenza intellettuale. Quanto a certa gente, non ha bisogno di motivi aggiuntivi per far perdere le staffe al prossimo. È un dono di natura. Ma mi ricordo con soddisfazione un tuo intervento non lontano in cui hai saputo tenere il punto senza scomporti, con ferma eleganza. Quando gli hai detto che era "antico" e un zinzino asfittico. Magari non proprio così, ma il senso si capisce. Immagino che siate amici e che vi stimiate, ma lo stile è così diverso… Comunque, complimenti per la storia tedesca! E poco male se non ricordi le regole del parallasse o cose del genere, se non ti ascrivi alla schiera degli integralisti del soffietto, oggi con due clic si aggiusta tutto in modo solidamente accettato urbi et orbi.

{galleria}

Ma allora sei umana! Very Happy

Ci metterò il naso di sicuro, anche se Instagram non mi ha convinto tanto, dico la verità. Non sopporto più tutti quegli hashtag del tubo. E per quanto mi sia sforzato, non sono riuscito a mettere insieme una rassegna piacevolmente variata nello sfoglio quotidiano. Mi sembra sempre di più un baraccone e ci sto andando sempre meno. Ora però mi vergogno della mia domanda iniziale sulla tua galleria e constato che dopo quella già defunta sul Giappone va a farsi benedire anche questa. Come vedi non sono proprio tagliato a fare contro-interviste.

Mi arrendo.

Trovati un bravo. Te l’avevo detto…

teresa zanettiteresa zanettiteresa zanetti
...il cappellaio mattoil silenzio


{stringhe}

Anche qui, non so bene come destreggiarmi con le tue stringhe fotoniche. Cerco di seguirti, ma vado a casaccio. Non che mi dispiaccia chiacchierarne, tutt’altro. Basta che non mi tiri fuori Sassure… Very Happy Quando parli di stringhe mi viene subito da pensare a quelle informatiche. Credo però che non aiuti molto, perché lì assumono il valore che gli dai di volta in volta, per il tempo che ti serve. Utilissime, ma non fanno il caso tuo.
E nemmeno pensare ai nostri alfabeti aiuterebbe, perché anche le stringhe-parole assumono i significati che gli dai, con l’aggiunte che spessissimo sono maledettamente ambigue (guarda gli strafalcioni dei traduttori automatici…).

Oltretutto anche loro hanno una vita, perché oggi usiamo parole che ieri non c'erano e domani ne useranno altre che non sappiamo. Con le stesse lettere. Che a loro volta possono suonare diverse a seconda di dove stanno. Un bel ginepraio. Per stare in tema dei Becher, nelle loro serie come collante ci vedo di sicuro l'unità di soggetto e di stile. Però, stando solo ai soggetti, probabilmente anche i cassetti degli ingegneri idraulici pullulano di foto di torri piezometriche... Con le torri dei Becher ci potrei costruire —chessò— delle sottoserie di torri piene e altre reticolari (ci sarebbero anche quelle a fungo, ma non ricordo se rientrassero nei loro soggetti). Oppure un’altra serie più ampia mettendole insieme a condotte e stazioni di pompaggio…Eccetera. Ma con i Becher si va sul velluto: sono praticamente dei cataloghi stilosi e si ha gioco facile. Con altri la musica cambierebbe. Guarda il tuo citato Sugimoto. Le sue serie mi sembrano chiusissime (oltre che abbastanza ermetiche) e con zero intecambiabilità.
Anche se, volendo, le candele che si consumano potrebbero anche stare insieme agli schermi su cui passano i film. Mah.

Giusto per completezza, prima ho detto "nostri alfabeti", perché quelli orientali, come sai molto meglio di me, funzionano in tutta un’altra misteriosa maniera. Forse proprio gli ideogrammi e le loro concatenazioni potrebbero fare al caso tuo. Peccato che non ne sappia nulla… Very Happy

{foto alla maniera}

Mi pare che possiamo accordarci sulla tua frase conclusiva: appartengono a chi ci mette la firma. Come molti di quei fighetti della moda che si fanno fare i capi in Cina e poi ci mettono il loro pregiato patacchino. E quindi nessuno scandalo per le foto di gruppo degli Alinari. Perché poi, se ci si incammina per quella strada, si diventa diffidenti: chi mi dice che tutte le foto di un autore siano proprio sue? Lui naturalmente. Se McCurry si è fatto fare i ritocchi da altri (male, fra l’altro) e le foto rimangono indiscutibilmente sue, si possono anche ipotizzare degli aiutanti che scattino, perché no?

Per me rimarrebbero sue lo stesso, anche solo sotto la sua supervisione. Hai presente le botteghe dei pittori? Lì dentro non si sa mica bene cosa succedesse, se in tale tela ci sia solo ed esclusivamente la mano del Maestro titolare, o se qualche fondo l’abbia steso il ragazzo di bottega.
Che poi, tu dici "appropriarsi della procedura di un altro". Molto vago. Posso riprodurre perfettamente i suoi procedimenti ma fotografando tutt’altro. Oppure rubargli di brutto lo stile ma con procedimenti del tutto diversi. Quante foto alla Giacomelli si vedono nelle nostre gallerie digitali? O alla Fontana… Una volta pubbliche, le foto si possono imitare senza condividere un bel niente con l’autore. L’imitazione si ferma alla superficie e ci si può divertire senza alcun coinvolgimento. Pura forma. Hai presente gli esercizi di stile di Queneau?
Come diavolo ci si dovrebbe regolare se non prendendo per buona la firma?
Se tu facessi tutta quella cosa che hai detto, del banco ottico fino alla carta baritata e dicessi che l’hai fatta tu, sarebbe una splendida citazione-omaggio.

Ma se per amore della perfezione ci mettessi dietro anche l’autentica falsa, beh, allora si aprirebbero altri orizzonti…

{specchi e le finestre}

Perfetto: un vetro-specchio all’americana. A volte mi può anche venire il sospetto di metterci qualcosa di riconoscibilmente mio, ma il più delle volte no. Credo che sia implicito: fotograficamente sono disperatamente immaturo. E mi andrebbe bene se fosse solo quello… Very Happy

Tere:In colpevolissimo ritardo, dopo oltre un mese di ostinato silenzio, mi ripresento. Potrei dirti che sono stata subissata da mille cose (non sarebbe nemmeno del tutto falso) ma la verità è che ... Mi hai fatta fermare. Detesto quando accade e sono davvero poche le persone che ne sono capaci. Ma tant'è. Il vuoto più assoluto, non uno straccio di ispirazione. E poi Saussure ... Maledetto Svizzero!
Ma è proprio da lui che riparto. Colpevole anche la ri-lettura di l'Ovvio e l'ottuso di Barthes (ben più significativo, a mio sommesso parere, de La camera chiara). Sì che tiro fuori la semiotica. C'entra! E con tutte le scarpe! E Saussure si tira appresso Peirce e Hjelmslev e Eco, ovviamente e insomma ...

Le fotografie sono abilissime nel farsi passare come perfetti analoghi della realtà, tanto che abbiamo ormai la certezza di conoscere il mondo solo perché ne abbiamo visto una foto (devo scriverci un pezzo, è una prospettiva affascinante ...). Per un bel pezzo sono stata convinta che fossero solo metafore, qualcosa che determina un trasferimento. Ne avevo parlato anche con mukkapazza in un'altra intervista. Ma ultimamente ho come la sensazione che qualcosa mi sfugga. A volte sono metonimie (mi ci hai fatto pensare con la tua ultima su Instagram), altre delle allegorie, certe volte persino delle anaclasi. E se messe insieme, nelle famose stringhe che tanto mi appassionano, assumono significati ancora diversi. Significati che, poi, cambiano ancora a seconda di chi guarda. Tu che ne pensi di mettere un titolo alle fotografie? Io ne sono stata un'entusiasta adepta. Ma ultimamente ...

Quanto al passaggio dall'artiglieria pesante ai petardi ... beh, alla base c'è una consistente dose di pigrizia (tutta quella roba pesa tonnellate). Però, certo, "indipendenza intellettuale" fa molto più pheeegooh!

Se ti impossessassi della procedura di un terzo e fotografassi altri soggetti faresti comunque fotografie che quanto meno sono figlie di chi ha inventato la procedura. Possiamo ad esempio pensare a Sander, che fotografava "tipi" di Tedeschi, ai Becher che ne raccolsero l'eredità, collezionando tipi di architetture - casette a graticcio, architetture industriali, gasometri ... - a Ruff e Gursky che sono allievi di questi ultimi e fotografano visi impenetrabili, luoghi irriconoscibili ... Sempre alla stessa maniera tipizzante.

Alessandro: Ciao Teresa, che piacere! Cominciavo a pensare di averla fatta franca… Very Happy Beata te che sei stata subissata da mille cose, io invece non ho fatto il classico tubo. In particolare fotograficamente parlando. Vabbè, fin che posso vivo di rendita, poi si starà a vedere… Mi sono accorto di aver pure sbagliato a scrivere "Saussure" e secondo me è un segno divino che dice di lasciar perdere. Ho un ricordo molto appannato di un professore di Composizione Architettonica che si era messo in testa di applicare la "langue" e la "parole" alla sua materia, epperò il risultato non deve essere stato memorabile. O forse non ricordo e basta. Fatto sta, che me lo hai riportato alla mente dopo un lungo e meritatissimo oblio. Very Happy
A proposito di memoria, avvertenza: se mi capita di ripetere cose già dette, sii paziente e tira diritto. Un po' è l'età e un po' sono io svampito.

teresa zanettiteresa zanettiteresa zanetti
niente è come sembra. 1. Respect!chromosaturationevanescence


{le fotografie sono abilissime nel farsi passare come perfetti analoghi della realtà}

Che c’è di male a pensare alle foto come modellini della realtà? Per quanto manipolabili siano (e per fortuna dei fotografi), la base è sempre reale.
Una realtà orientata e parzialissima, ma sempre realtà, anche quando finge di essere qualcos’altro. Io ho girato pochissimo, e tolto quel poco di mondo che ho visto di persona, il resto ce l’ho in testa principalmente grazie a immagini altrui. Hai voglia a sfoderare prose alate, non saranno mai efficaci come una foto. E così incredibilmente memorizzabili. E persistenti. La mia conoscenza del mondo è senza ombra di dubbio in gran parte una lunga sequela di immagini. Non è che se la realtà passa attraverso delle lenti si debba per forza diffidare. Altrimenti tutti quelli che portano gli occhiali dovrebbero essere pieni di dubbi ontologici. Very Happy Che poi, ‘sta cosa che la foto è parziale, approssimativa e ingannevole, m’avrebbe anche divertito. La foto è quello che è, con tutti i suoi limiti tecnici, ma anche noi non scherziamo. Se parliamo di ampiezza di spettro visivo e uditivo, molte creature vedono e sentono il mondo molto meglio di noi, e quindi ci si aspetterebbe che conoscano anche la realtà meglio di noi.
Ovviamente non è vero, perché noi abbiamo gli strumenti scientifici che ci mostrano dall’atomo alla galassia, ma navigando solo a vista sarebbe meglio stare più schisi. La macchina fotografica fa parte di quella famiglia di strumenti, solo che è maledettamente esuberante. È nata come macchina da disegno, proprio come lo era la camera oscura in origine. E per quanto mi riguarda lo è rimasta.

{titoli}

Sono sicuramente un bell’accessorio. Non sono indispensabili ma fanno piacere. Un po’ come la cravatta. Certe volte è obbligatoria, ma ce ne sono di orrende. Una mostra senza titoli è impensabile, così come un libro fotografico (e ci vogliono pure le didascalie). Anche in un forum fotografico i titoli ci vogliono. Mentre l’album di casa può farne benissimo a meno. I titoli spiegano, indirizzano, giocano, fanno un sacco di cose. Nel bene e nel male. Sono il tramite col pubblico. Quando mi imbatto in un titolo azzeccato mi piace da morire e ne sono entusiasta. Se invece trovo un titolo cretino, prenderei a mazzate anche la foto. Tutti gli stadi intermedi vanno bene. Ho apprezzato titoli icastici, ironici, descrittivi, emotivi, asettici, corti, lunghi... Mentre quelli urticanti, mi urticano e basta. Questione molto soggettiva. A scanso di equivoci, metto titoli cretini anch’io, non è che mi tiro fuori… Very Happy

Per esempio, fosse per me, abolirei il gerundio. Guardando, sognando, fumando… Mi sa di stucchevole. E ci vedo anche il maldestro tentativo di introdurre un movimento in un mezzo meravigliosamente statico. O la furbata dei segni grafici. Ma come? Ti prendi la briga di mettere un titolo e in tutto il vocabolario non trovi uno straccio di parola pronunciabile? Solo barrette e asterischi? Ma dai! Immagino che l’elenco sarebbe soggetto a rapida crescita se ognuno aggiungesse le proprie idiosincrasie. Sicuramente sarebbe divertente. Comincio subito aggiungendo (gerundio) il terrificante “indifferenza” sotto le foto di barboni. Mentre se ci trovo sotto un burocratico “Roma, 1999” non batto ciglio. Vattelapesca, difficile trovare un senso. Ah, sì, poi c’è il diffusissimo ”senza titolo”. Altra spina nel fianco. Ma questo invece mi delude più che irritare. Mi sembra un qualcosa di tirato via, di approssimativo, un segno di fretta o peggio di poco rispetto per lo spettatore. Forse l'intento sarà anche buono, come dire che la foto parla da sola, ma a me fa l'effetto contrario. Magari sono dispettoso, ma mi spinge a non dire un bel nulla di rimando. Sostanzialmente deprimente. Tempo fa avevo abbozzato per gioco alcuni "diritti dello spettatore fotografico", sulla falsariga dei famosi diritti del lettore di Pennac. Sai quelli tipo “il diritto di non finire un libro”? Uno l'avevo chiamato diritto al silenzio.

E più o meno diceva: esattamente come molti autori possono permettersi di mettere s.t. come titolo di una foto, noi possiamo adottare n.c. come giudizio, no comment. Non è tassativo sentirsi sempre in dovere di spiegare o di dire. Esiste uno stato di fruizione intermedio che non contempla necessariamente la loquacità. Tu non mi consideri, e io faccio lo stesso.

E questo, per un portale fotografico, non è sicuramente un bene… Very Happy

P.S.: Non me la conti giusta: ti sei fermata per colpa di zamponi e panettoni. Io non c’entro. Very Happy

P.S. secondo: l'Ovvio e l'ottuso di Barthes non lo conosco. Ma ti credo sulla parola. Ho letto la Camera Chiara perché tutti la citavano, ma tranne qualche guizzo stimolante, m’ha lasciato molto freddino. Però a adesso posso fare il figo e citarla anch’io… Very Happy

Tere: Ed eccomi alle ultime battute. Hai idea di quanto materiale abbiamo messo insieme? Alla fine anziché un mesetto, come avevo in mente, siamo arrivati a più di due mesi. Tant'è, io mi sono divertita e spero anche tu.

Ma prima aggiungo una cosa alla conoscenza del mondo attraverso le fotografie: Benjamin (Walter) sosteneva che la possibilità di riproduzione tecnica di un'opera d'arte (e più in generale della realtà) da un lato avvicina l'opera (la realtà) alle masse. E questo è senz'altro un bene.
Dall'altro però le fa perdere la sua auraticità, ossia quella sensazione del tutto unica (e per ciascuno differente) che si prova a stare al cospetto dell'opera (della realtà) stessa. Con ciò allontanandola inesorabilmente dalle masse cui intende avvicinarla.
Non ci sono posizioni da prendere a favore dell'una o dell'altra forma di conoscenza del mondo (Benjamin non lo fa, ne ricava però - in altri suoi scritti - un discorso sociopolitico che qui lasceremo stare Very Happy ) basta solo capire che c'è differenza tra i due sistemi di apprendimento.

Quindi, bando alle ciance: cinque fotografie cinque della tua galleria qui su p4u in cui più ti riconosci, che meglio ti rappresentano
e, naturalmente una piccola didascalia per ciascuna.

Infine, nuovi progetti, nuovi orizzonti, nuove idee ... E un piccolo contributo per il portale: che cosa sì, che cosa no ... insomma, suggerimenti e critiche sempre ben accetti. Ma complimenti anche di più!

Alessandro: Sì, Teresa, ci siamo detti un sacco di cose.

Le tue sono sicuramente filate lisce, le mie forse meno. Hai abbastanza di che farmi apparire brillante promessa o solito stronzo. Very Happy
Mi aspettavo la classica domanda sull’attrezzatura, e la sua mancanza mi ha molto rilassato, visto che non sono molto up to date. In fondo non s’è mai visto chiedere a uno scrittore la marca della sua penna… Very Happy Faccio mio il pensiero di Haas quando dice che “il tipo di macchina non fa una grande differenza. Tutte registrano quello che vedi. Ma lo devi vedere.”

Di sicuro ho imparato che nella fotografia parlata con un abile fraseggio e sufficiente faccia tosta si può sostenere qualunque cosa e il suo contrario. Ma credo che valga per molto altro. Mi ha fatto molto piacere seguirti, perché mi hai costretto a pensare in maniera un minimo ordinata a cose molto interessanti anche se colpevolmente trascurate.

In più, hai mostrato una vena così briosa e divertente che ha reso piacevole qualunque discorso. Quindi grazie di tutto, Tere. E buon tutto, naturalmente... Ti sarò follower fedele. Smile

( Ultima piacevole lettura, lo stralunato e imprevedibile racconto della mostra di Newton… )

P.S. Caso mai ti dovesse servire una foto in cui mi si vede un po’ più chiaramente che nella Hall of SelfPortraits, te ne allego una. L’espressione è un po’’ così, ma è colpa del sole. Di persona sono meglio…

{cinque fotografie}


costruzioni silenziose

Pur essendo la foto di normali condomini in costruzione, ha una vena misteriosa.
L’architettura in sé aiuta molto. Disegno essenziale, spigoloso,
con superfici che sembrano bidimensionali, piani secchi e ombre acute. Interessante di suo.
Ma in più c’è quella specie di aura metafisica. Un silenzio che si indovina negli spazi deserti,
nel non finito sotto e nel tanto cielo in mezzo. Anche i colori sono particolari.

Link Foto su p4u



deserto

Un banale zoccoletto con muro sporco.
Mette il cervello in allerta perché ci trova elementi attribuibili a un paesaggio, e alla fine
decide di vederne uno anche a costo di inventarselo. Pareidolia paesaggistica. Smile
L’effetto è divertente e affascinate al tempo stesso.
È una foto che gioca con noi e con la bellezza del brutto.

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gole di San Martino

Questo invece è un paesaggio vero.
Un genere che, muovendomi poco, frequento davvero di rado.
In compenso lo ammiro sempre moltissimo nelle gallerie altrui.
Diciamo che la scelgo per la serie vorrei ma non posso.
Normalmente questo tipo di foto hanno bisogno di studio, tecnica e perseveranza.
Nel mio caso invece mi ha assistito solo una gran fortuna, cosa che però mi ha ugualmente gratificato.

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camini

Questa la scelgo come simbolo di fratellanza fra gli uomini, che ce n’è sempre bisogno.
Ognuno col suo colore, la sua foggia e la sua età, rugginosi o inossidabili,
stanno tutti assieme a fare i bravi camini. E tutto funziona. Smile

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velluto

Ho una fissa per le finestre, se non si fosse capito. Wink
Questa è una delle prime foto e ci sono molto affezionato.
È una finestra che sta davanti a casa mia. Fa parte di un ex convento che ha
il chiostro proprio di là dalla strada.
Stavo uscendo quando ho visto quella strana tenda agitarsi al vento. Vista e presa.
Con questa foto, grazie a critiche e consigli per perfezionarla, ho incominciato a migliorare…

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{nuovi progetti, nuovi orizzonti, nuove idee}

Qui sono messo male, per indole e per sostanza. Oltretutto da un po’ di tempo noto dei segnali di "stanchezza visiva”, se così si può dire.
Però non ho standard da rispettare o clienti da accontentare. Il privilegio del dilettante non lo vogliamo considerare? E poi, primo, penso che sia normale; secondo, ho visto e fatto più foto in questi ultimi anni che che in tutta la precedente vita pre-digitale. Posso stare contento. Quindi, anche in temporanea assenza di progetti, orizzonti e nuove idee, mi rilasso e aspetto fiducioso che qualche altra cosa prima o poi colpisca prima me e dopo il sensore… Smile

{il portale}

Prima, le persone che vedevano le mie foto stavano sulle dita di una mano, ora è una nazione. Urbi di sicuro, et orbi probabilmente. Qualunque apprezzamento, a qualunque livello, è sempre un brivido. E qualunque osservazione o suggerimento un piccolo regalo. Del portale, foto a parte, la cosa che apprezzo di più è la moderazione. Sia in senso tecnico, per mano degli operatori, sia in senso lato, da parte della stragrande maggioranza di noi utenti. Tranne qualche sporadica ‘fiammata’ l’ambiente è molto amichevole, e mi sembra si faccia di tutto per mettere a proprio agio.

Una funzione che apprezzo moltissimo è la sezione ‘Fototeca’ di ciascuno, che tiene traccia in automatico delle cose buone.

Quelle cattive, imparata la lezione, si possono anche dimenticare…Ma direi che tutto fila proprio bene: la propria galleria a completa disposizione, il filtro dei commenti da e di, correzioni, cancellazioni (se non già in critica), eventuali messaggi privati, le categorie rispettate…
Ecco, giusto a proposito, se volessi proprio trovarci qualcosa, indicherei la mancanza della categoria "Astratto”. Ma è un po’ pochino per chiamarla critica, e visto com’è sfuggente forse meglio così… Smile


Tere: ecco, metto anche le mie fotografie


Le mucche azzorriane.

Credo una delle mie migliori in assoluto. Solitamente non faccio ritratti,
ma questo gruppo di famiglia in un esterno,
che per giunta mi guardava con l'aria di volermi dire "embè?",
mi ha ricordato le Sisters di Nicholas Nixon. Lui le ha fotografate per anni
(credo che continui a farlo, tra l'altro) io ho dovuto condensare
tutto in un solo momento.

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La mia foto di esordio su p4u.

Una vera provocazione. Studiavo il sito da mesi, dopo l'invito di Clara Ravaglia,
e sapevo bene quanto qui si tenesse al rispetto delle regole.
La buttai lì come un amo ben ammantato
dall'esca e attesi. In un attimo si scatenò l'inferno. Mi divertii moltissimo.
E so così anche molti degli intervenuti.
Sono del tutto incapace di prendermi sul serio
(a meno che non si parli del modo in cui scrivo.
Lì, non so perché, mi scatta l'embolo inverso e sclero Very Happy ).
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La cabinovia nella nebbia.

Rischiai la pelle per farla. Era il 15 di agosto e nevicava e tutta la cima del monte
Rosetta era avvolta dalle nuvole.
Rischiai due volte di cadere per farla dal punto giusto. Alla fine mio marito
e mio figlio mi spiegarono che non intendevano rimanere rispettivamente
vedovo e orfano per amore della fotografia.
Mi sedetti buona buona su uno spunzone e attesi il momento giusto.
Attesi circa un'ora.
Ma poi andò bene.
E' quanto di meglio sono riuscita a fare per esprimere il concetto di mono no aware.

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Questi alberi alla maniera di Giacomelli mi ricordavano la
ballata della morte de Il Settimo Sigillo di Bergman.
Come li ho visti ho pensato che volevo ottenere una foto esattamente così.
A volte massacro i file pur di piegarli a quello che ho in mente.

Link Foto su p4u



Biecamente Blu era per l'unico e solo.

Oggi devo dire che la dedicherei a tutti noi.
Mi sembra in sintonia con il momento storico
che stiamo vivendo.
Che fare? Il da farsi è solo nelle nostre mani.

Link Foto su p4u


Concludo con due brevi pensieri per questo sito che amo.

Mi avete accolta, nonostante i miei modi dissacratori, la mia voglia di mettere il dito nell'occhio e di dire sempre quello che penso nella maniera più perfida.

Vorrei che fosse chiaro che, anche se, ultimamente, non pubblico fotografie e commento poco, dedico a p4u quanto in questo momento ho di meglio da offrire (non so se sia di buona qualità, meglio di così non riesco a fare): i miei pensieri intorno alla fotografia, sempre provocatori, non mi voglio smentire!, nella speranza di far indignare molti, così da costringere a riflettere su quanto troppo spesso diamo per scontato.

La seconda riflessione va a tutti i membri dello staff.

Persone PERBENE e mi piace usare questo termine del tutto fuori moda. Gente che si fa in quattro per far funzionare le cose sempre al meglio, senza altra ricompensa che quella di vedere migliorare quelli che si affacciano alle pagine di questo sito.




Ci congediamo da Alessandro randagino Cucchiero e da Teresa Zanetti, qui in alcune foto che li ritraggono, ringraziandoli per questa stupenda doppia intervista, un proficuo incontro che andrà a far parte del bagaglio fotografico che photo4u.it alimenta ogni giorno a beneficio della ns. splendida community, grazie ancora (GiovanniQ redazione4u)


Alessandro Cucchiero, randagino



Teresa Zanetti



Alessandro Cucchiero, randagino



Teresa Zanetti
Autore: randagino - Inviato: Sab 28 Mar, 2020 6:28 pm
Caspita! Citando Altan, mi verrebbe da chiedermi se per caso io abbia opinioni che non condivido. Very Happy

Invece, e seriamente: un sentito grazie a Teresa per la pazienza e perseveranza, a GiovanniQ per l’acrobatico montaggio (e chiunque altro ci abbia messo mano).
E a tutti, ma proprio a tutti quelli che saranno riusciti ad arrivare fin qui… Smile
Autore: littlefà - Inviato: Dom 29 Mar, 2020 1:09 am
Teresa,Alessandro... che dirvi? Una discussione ricca,energica,coinvolgente,complice. Tra due persone che hanno molto da dire (e non ironicamente sulla lunghezza dei contenuti,ma proprio sulla qualità) .Mentre leggevo mi immaginavo di osservarvi chiaccherare rilassati uno davanti all'altro, e anche se credo che spesso vi avrei seguito a bocca aperta e occhi sgranati mezzo persa tra i vostri pensieri, dopo tanti spunti,tanti punti di vista,confronti,ragionamenti profondi,brillanti,seri e giocosi ma sempre ben ponderati, credo di poter dire che ne sarei uscita,ne son uscita, un po' più ricca, con la mente pronta a spingersi su riflessioni interessanti e curiose,spesso pensieri inesplorati.
Avete fatto un ottimo lavoro... e siete senza dubbio due elementi importanti per p4u. Complimenti a voi , e alla vostra bella intervista!

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