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La fotografia e l'orrore

 
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AleZan
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MessaggioInviato: Ven 07 Ott, 2016 4:40 pm    Oggetto: La fotografia e l'orrore Rispondi con citazione

Il fotografo Aris Messinis ha voluto, come molti altri, salire su un'imbarcazione di soccorso che opera nel Mediterraneo per documentare le operazioni quotidiane di recupero di naufraghi.

Al contrario di molti, ha deciso di non autocensurarsi di fronte alle scene di morte atroce delle quali è stato testimone.
Il NYT, al contrario di molte altre testate, ha deciso di non censurare quelle immagini.

Il risultato è un reportage dove l'orrore non è rimosso, ma traspare in mezzo alle "solite" immagini di umanità disperata.
Questo ripropone un tema lungamente discusso e mai risolto sul rapporto che lega la fotografia e la rappresentazione delle tragedie umane.
Discussione nella quale entrano molte argomentazioni contrapposte, cioè se questa fotografia sia una forma efficace di denuncia o se invece sia irrispettosa per le vittime o peggio una speculazione per cacciatori di immagini in cerca di visibilità.
Credo che la risposta necessariamente vada oltre le singole immagini e debba considerare più in generale l'atteggiamento etico del fotografo che sul campo incontra eventi come questo. E' il suo curriculum nel suo complesso che ci può dare una risposta.


http://www.nytimes.com/2016/10/06/world/europe/migrants-mediterranean.html

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Leoconte
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MessaggioInviato: Mar 22 Nov, 2016 2:50 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Però, anche tu, affronti un temone! Anche secondo me è necessario affrontarlo nel nostro piccolo.
Le tue frasi, dentro al taglio che hai dato a questo tema, traspare, almeno per me, la paura della morte travestita con sontuosi vestiari etici, forse è l'aspetto che senti più forte dal punto di vista fotografico.

Secondo me, la stragrande maggioranza di questi documenti viene censurata.
A me non sembra ne giusto, ne etico. La realtà, sopratutto di questa importanza dovrebbe essere riportata da tutti i giornali o testate.
In cambio viene dato in pasto alle genti, pareri politico-etico-umanitari, che grondano di ipocrisia e spesso d'ignoranza, senza tanta buona fede (perché non si parla mai delle cause che portano alla fuga dei popoli).
Ci trinceriamo su aspetti di pudori etici, per sottrarci alle visioni della morte, infatti, non bisogna scombussolare troppo l'uomo occidentale impegnato nel suo quotidiano lavoro, penserebbe alle cause e all'orrore della morte e forse uscirebbero a galla molte cause delle ingiustizie per cui questa povera umanità migra, perdendo la vita.
Al contrario, se c'è da guadagnare o risparmiare denaro, non c'è nessun pudore nel mostrare la morte sui pacchetti di sigarette con fotografie graffianti, che si vedono seminate un pò ovunque.
Forse ancora una volta, l'uso etico dell'immagine in realtà è l'uso politico della cultura e della manipolazione della realtà.

Trovo strano che possiamo accusare il fotografo di essere, il testimone, causa di sofferenza sociale se tali immagini fossero divulgate, o ragionare sulle mire predatorie di un uomo che vuol essere testimone.
Un reporter, non è un sciacallo a caccia di sensazionalismi per quattro soldi, a meno che non falsifichi le immagini (proviamo a metterci nei suoi panni).
Al contrario, vedo molto coraggio e forza interiore per resistere ed essere interprete di tali eventi, in un uomo-fotografo che si accinge in tale lavoro.
Insomma, penso che la verità e la testimonianza sia sempre un dovere, come è un dovere la consapevolezza di ciò che accade da parte del cittadino, sarebbe un dovere cercare di non essere manipolato e difendersi con i mezzi disposti dalla democrazia.

Oggi, sembra di vivere in una propaganda di guerra, dove i media devono essere guidati per ottenere certe risposte dall'opinione pubblica, questione di strategie politiche, non di verità. In questo scenario, il fotografo è solo un fastidio, oppure deve rispondere esattamente ai governi, qui sta il problema, se mai etico. Il fotografo per chi lavora?

Se uno di questi fotografi era entrato ad esporre nel nostro sito bisognava valutare meglio la sua presenza e cercare di capire l'utilità di queste esperienze.

Un saluto

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Leoconte
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AleZan
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MessaggioInviato: Mar 22 Nov, 2016 11:53 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Sono in sostanza d'accordo con te. Anch'io ritengo importante la funzione della denuncia giornalistica fatta per mezzo della fotografia.
Non bisogna nascondere però che anche l'orrore può essere strumentalizzato a fini personali.

In ogni caso il carico etico che il fotografo sopporta in certe situazioni è notevole. Ricorderai la vicenda del Pulitzer vinto dalla fotografia del bambino denutrito con l'avvoltoio dietro di lui, da cui nacque un'assurda polemica che fu uno dei fattori che spinse l'autore della foto, Kevin Carter, al suicidio nel '94.
Questo tema è ben affrontato nel film The Bang Bang Club, che consiglio a tutti di vedere.

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Leoconte
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MessaggioInviato: Mar 22 Nov, 2016 5:29 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

L'arte è sempre stato il motore culturale delle grandi richieste di cambiamento sociale, proprio per la capacità dell'arte di profetizzare con verità e profondità il degrado ed il marciume dei sistemi vecchi e conservatori. Il potere rivoluzionario dell'arte è cosi forte e penetrante che quando si mette in moto, i regimi e le vecchie strutture tremano, esprimendo il massimo del terrore con il massimo della violenza verso gli artisti che esprimono unicamente idee.
Le prime intuizioni sono sempre dell'arte, intuizioni che a poco a poco vengono realizzate dai tecnici delle varie discipline, però la partenza è sempre utopica e culturale da sembrare dei sogni di carta irrealizzabili, però cosi sono caduti gli imperi, le monarchie, le dittature e cadranno i devastanti sistemi economici basati sull'ignoranza e l'inconsapevolezza. Per questo nei ultimi anni si vuol far passare l'arte come insignificante, importante solo fra ristretti gruppi che possono usufruirne solo come merce da comprare e vendere senza significativi valori.
Si vuol nascondere il vero significato dell'arte come rivoluzionante, pungiglione interiore per tenere sveglie le coscienze addormentate. Per questo negli ultimi decenni il significato dell'arte è inquinato da tutto ciò che l'arte per mezzo della sola verità vuol mettere in luce: poteri economici, poteri religiosi, poteri politici. Tutte strutture di potere che resistono ad ogni forma di innovazione e che puntano al sonno delle menti e all'indifferenza, massimo nemico dell'arte rigeneratrice di epoche sociali desiderose di nuove formule di convivenza, di nuovi ordini sociali e di nuove maniere di considerare i rapporti economici a servizio della persona.

L'arte non è contro a nessun sistema o forma di convivenza, è solo contro il marciume dell'ipocrisia, dell'ingiustizia e l'intolleranza, ma soprattutto di chi vuol nascondere la verità facendola passare per scandalo e pazzia. Per se stessa l'arte è ricerca di giustizia, di perfezione e anche di spirito supremo, in definitiva ricerca di umanità in rapporto al tutto, in rapporto al resto del mondo che merita lo stesso rispetto che abbiamo per tutte le creature vitali e inanimate. Vedo l'arte come possibilità di evoluzione umana nel rispetto della vita, cosi rara, preziosa e misteriosa.

Sulla famosa foto: Comunque, sembra che la bambina fosse un bambino in realtà, ed era sotto la struttura di un ospedale da campo del ONU in Sud-Sudan. Il bambino, sopravvisse per altri 4 anni, poi morì di febbre. Nella foto, il bambino ha il braccialetto identificativo dell'ospedale e si riesce a leggere T3. Quindi non lo aveva abbandonato.

Il Sudan, nel suo sottosuolo detiene il più grande giacimento di petrolio del mondo. Inoltre si è scoperto che ha anche il più grande giacimento di acqua potabile di origine arcaica, a 200m dalla superficie. Pensiamo che l'acqua dolce del pianeta è solo il 3%, ma quel serbatoio di origine arcaica ne detiene 1%. Quindi il Sud-Sudan è ancora adesso: terra strategica di conquista.

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FedericaR
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MessaggioInviato: Gio 27 Apr, 2017 1:48 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Consiglio anche di informarsi sulla estetizzazione della violenza, praticamente l'arte che per rendere "artistica" la violenza documentata la rende esteticamente piacevole facendo sì che emotivamente ci abituiamo a non ripudiarla.
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Luce e mancanza di luce. Mai ombre.
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