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La fotografia d'architettura: Luigi Filetici
La fotografia d'architettura: Luigi Filetici

Questo vuole essere un piccolo memo, una fonte dalla quale attingere informazioni sui fotografi di uno specifico genere, un esempio di come fotografare grandi e piccole strutture traendo ispirazione dai fotografi professionisti.

Sceglierò per ogni fotografo quattro immagini rappresentative, ne esaminerò i punti di forza e vi dirò perché, secondo me, funzionano. Infine proveremo insieme a discutere di volta in volta i lavori presentati, a sciogliere i nostri dubbi, ad impegnarci per ottenere risultati sempre migliori.

Questa volta vi presento Luigi Filetici, laureatosi presso la Facoltà di Architettura de "La Sapienza" di Roma, lavora con studi di architettura, arte e design, insegna all’Università a Roma e a Milano, collabora con riviste e realizza una serie di ricerche fotografiche che lo conducono a realizzare pubblicazioni e mostre in Italia e all’estero.

I suoi più recenti ed importanti lavori fotografici si affiancano a due grandi eventi di Roma Capitale: l'apertura del Museo MAXXI ( progetto firmato da Zaha Hadid) e quella della nuova ala del Museo Macro (progetto di Odile Decq).



1. Il fotografo è chiamato a rappresentare una delle più attese opere romane. Deve decidere in fretta quale sia l’inquadratura perfetta, quella che dovrà essere pubblicata e dovrà piacere al progettista.
Per fare ciò Filetici deve stare da solo con il suo soggetto per cercare di capirlo a fondo, per individuarne i punti deboli e quelli invece da sottolineare. La scelta perciò ricade su immagini fortemente contrastate e con una leggera saturazione dei colori. Scelte che lo hanno premiato, in quanto l’ambiente da rappresentare non è dei più accoglienti, fotograficamente parlando: un elemento rosso immerso in uno spazio totalmente nero, con la sola fonte di luce proveniente dall’alto.
E’ stato fondamentale, in questo caso, conoscere l’architetto ed entrare nella sua architettura: il fotografo ha saputo trasmettere pienamente all’osservatore la psicologia del progettista.





2. Anche questa volta il fotografo deve esprimere al meglio ciò che il progettista intende trasmettere, cosa difficile perché spesso ci si trova a dover rappresentare ciò che vuole il committente tralasciando le emozioni personali. Con questa immagine il fotografo ci dimostra che è possibile coniugare le due cose, evidenziando le linee sinuose e moderne che caratterizzano la struttura, con un più personale bianco e nero leggermente invecchiato.
L’equilibrio dei toni sta proprio nella quantità equa dei bianchi e dei neri con pochissimi grigi: mai uno sovrasta l’altro o diventa padrone della scena, ma tutti collaborano ad una univoca visione d’insieme.





3. Anche questa volta ho volutamente inserito un interno come esempio. La geometria, così come i materiali utilizzati ed i colori scelti, con i riflessi e gli effetti di luce, tutto contribuisce a rendere unica un’architettura. Renderla tale anche agli occhi degli altri è un’impresa in cui pochi riescono: questa volta a contare è la sensibilità di chi sta scattando. Una foto si deve sentire dentro e ciò che il fotografo vede, deve essere visto anche dall’osservatore.





4. La linea che separa il paesaggio dall'architettura in alcuni scatti è davvero sottilissima: qui il connubio è perfetto.
Si noti con quanta cura il fotografo ha scelto l'inquadratura giusta, e come i colori giochino un ruolo fondamentale in questo scatto.
L'orizzontalità delle linee che guidano lo spettatore sin dal primo piano viene interrotta dalle verticali formate dalle pietre, per poi riprendere con i vari livelli dell'abitazione. Nonostante ciò, non c'è alcuna disconnessione tra i piani: il tutto è tenuto insieme dalle scale che giocano un ruolo importantissimo. Da un'altra angolazione questo aspetto sarebbe stato sottovalutato.

Un fotografo da tenere d'occhio, per imparare ad osservare e capire l'importanza di alcune scelte rispetto ad altre.

Chi vuole approfondire l’argomento può farlo qui:



A cura di Eruyomë.

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