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FrancescaDotta utente attivo

Iscritto: 01 Set 2004 Messaggi: 908
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Inviato: Mar 11 Gen, 2005 2:46 pm Oggetto: LETTERA DA BAGDAD |
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LETTERA DA BAGDAD
"Scrivo questa lettera ai milioni di persone che negli altri paesi ogni giorno si svegliano, mangiano, lavorano e tornano a dormire senza dover temere che qualcuno spari loro addosso. Scrivo questa lettera per far notare loro che il mondo avrebbe urgente bisogno della loro attenzione, attenzione che per il destino del mio paese sarebbe urgente. Scrivo questa lettera con la pesantezza e la tristezza nel cuore. Conosco i vostri paesi, ed il vostro stile di vita, comprendo che le frenetiche incombenze che scandiscono le vostre vite vi lascino poco tempo per prestare attenzione a tutto quanto succede, ma dalle mie parti la situazione e' disperata, e ,forse, se voi vi rendeste conto di cosa realmente succede in Iraq, se foste in grado di comprendere il nostro sconcerto e la nostra pena, potreste trovare la maniera, o la voglia, di aiutare noi poveri esseri umani che abbiamo la sfortuna di abitare questo paese in questi terribili anni..."
"Nel nostro paese fino a poco tempo fa c'era un dittatore, un dittatore che ha consolidato il suo potere grazie al supporto e al sostegno dei vostri governi. Molti dei nostri sono morti combattendo contro i nostri vicini iraniani, credendo nel loro paese, e nelle parole del loro capo, credendo nella missione di fermare i fondamentalisti di Khomeini, credendo di combattere per l'avanzata della civilta'. Nulla di tutto questo era vero, ma lo abbiamo capito molto tardi".
"Quando il nostro leader e carnefice fu fermato, e scaricato dai vostri governi ci siamo interrogati sul nostro futuro, e abbiamo concluso che, se non altro, non esistevano altre guerre all'orizzonte, ci siamo allora preoccupati di curare le nostre ferite e di ricostruire le nostre vite. Dopo pochi anni nei quali, deluso ed incattivito, Saddam ha rivolto la sua violenza contro il suo popolo, e durante i quali i governi dei vostri paesi hanno continuato ad armarlo, ci siamo trasformati in una paese di depressi, ognuno si e' rinchiuso nella propria famiglia, nel proprio clan, badando a condurre la propria vita in silenzio, per non attirare l'attenzione del regime".
"Annoiato, poco soddisfatto dalle battaglie contro i concittadini curdi o sciiti, il nostro dittatore invase allora, improvvisamente il vicino Kuwait, una vecchia provincia irachena dalla quale alcuni barbari feudatari seduti su un'enorme ricchezza, per anni ci hanno insultato con i loro costumi medioevali e con il loro disprezzo di uomini troppo ricchi. Saddam venne immediatamente punito, centinaia di migliaia di iracheni morirono ancora una volta. Morti che non abbiamo mai potuto seppellire, nulla resta di loro, le armate occidentali dopo averli uccisi li hanno cancellati coprendoli con la sabbia del deserto. Nessuno li vide morire. Nessuno, neanche allora, tocco' Saddam e noi ancora una volta fummo costretti a comprendere la verita' oltre le fantasie diffuse dalle vostre e nostre televisioni".
"Il nostro paese e' allora diventato strano, diviso a strisce. Nella striscia al Nord i curdi riuscirono ad allontanare l'influenza del dittatore, nella striscia la Sud la popolazione sciita si ribello', spinta dal sostegno delle armate alleate alle porte del paese, incoraggiata dalla loro flotta aerea che sigillava i nostri cieli e dalle parole di chi diceva loro che li avrebbe protetti".
"Io ancora non so se davvero esistessero accordi con i vostri governi, ma so che i vostri soldati assistettero al massacro dei miei concittadini sciiti dall'alto dei loro apparecchi, o osservando le truppe del nostro dittatore mentre li massacravano da pochi chilometri di distanza. Da allora tutto torno' buio. Improvvisamente, dopo anni di repressione e di miseria, provocata al mio paese da un embargo spietato; ho saputo dalle vostre televisioni che il capo del nostro governo era accusato di terrorismo internazionale, e di possedere armi capaci di distruggere il mondo, armi piu' cattive delle armi".
"Io sono sempre stato cosciente che Saddam, in realta' poteva essere complice solo di se stesso, e non certo dei pretacci di al Qaeda, che avrebbe volentieri squartato e torturato se ne avesse avuto l'occasione; ma mi ritrovai a pensare che, forse, poteva essere un'occasione non peggiore di altre per liberarci di lui e diventare finalmente un paese normale".
"Quando vidi i primi americani aggirarsi per le strade di Baghdad ero felice, anche se sapevo che le ragioni che li avevano condotti li' non erano quelle che Mr. Bush e Mr. Blair ci raccontavano dalle TV occidentali, che seguo da sempre dato che la libera informazione nel mio paese non e' mai esistita, ma ero felice, il futuro sembrava tornare nelle mani del nostro popolo. La mia felicita' e' svanita in fretta".
"Dopo un paio di mesi mi sono reso conto che l'informazione libera, in realta', e' un lusso riservato ai lettori e agli spettatori di pochissimi dei media esistenti. I nostri liberatori si comportavano con arroganza, considerando indistintamente ogni iracheno come complice della dittatura, e decisero ben presto che si sarebbe fatto a modo loro. In particolare ai nostri liberatori non piacquero gli sciiti, che hanno il difetto di essere abbastanza religiosi, ma anche di essere la maggioranza degli iracheni. Questo fece loro temere che libere elezioni avrebbero consegnato il paese ad una teocrazia islamica, ipotesi assurda per chi conosca l'Iraq, ma non tanto, evidentemente per chi puo' decidere dei nostri destini. Per evitare questo rischio si misero a chiudere i giornali degli sciiti ed ad indicare i loro leader come nemici della democrazia, incarcerandoli ed accusandoli ingiustamente".
"Tutto cio' feri' profondamente l'immagine che mi ero fatto della vostra civilta', e trasformo' velocemente i nostri liberatori in nemici.. L'inganno divenne di nuovo il principe di Baghdad, mentre il nostro popolo era lasciato in balia di qualunque criminale possedesse un'arma. Incoraggiati dagli errori degli alleati i miei compatrioti cominciarono a guardare con altri occhi coloro che avevano lasciato l'esercito e si erano messi ad osservare quanto succedeva. Lentamente questi presero coraggio, si ritrovarono e cominciarono a costruire una resistenza strutturata all'invasione; Saddam era stato catturato, e ora si poteva combattere, finalmente, per il nostro paese e non per le smanie di un dittatore matto come un dromedario ubriaco".
"Un giorno mi apparve sugli schermi la conferma visiva dei mormorii del bazar; era vero: gli americani torturavano i prigionieri, li uccidevano, umiliavano le nostre donne esattamente come faceva Saddam; dalle stesse televisioni ho appreso poi che questo crimine e' stato lavato condannando i soldati ai quali era stato ordinato con pochi mesi di prigione, nessuno di quelli che avevano ordinato questa vergogna e' stato neppure indagato".
"La situazione da allora e' velocemente degenerata, e negli ultimi mesi, bande di wahabiti e di stranieri entrano ed escono dalle nostre frontiere, ci sparano addosso e tornano alle loro case a riposare; qualcuno che non riusciamo ad identificare ha intrapreso lo sterminio dei nostri intellettuali, oltre un migliaio di professori, medici, ingegneri e funzionari sono stati freddati nelle loro case o sul lavoro, a causa di questo le nostre universita' ed i nostri ospedali stanno morendo nel terrore; il crimine non e' mai stato cosi' diffuso, nessuno capisce piu' nulla, se non che nessuno dal governo o dai comandi occidentali, si puo' permettere di dirci la verita'".
"Nel nostro paese non c'e' lavoro, e il poco necessario alle operazioni alleate viene svolto da indiani ed altri disperati, gli schiavi dei nostri cugini del golfo, ora sono schiavi degli americani e degli altri; cucinano per loro, fanno i manovali e riscuotono i pochi stipendi disponibili nel paese. Due mesi fa, infine, e' stato aperto definitivamente il capitolo del disastro totale e definitivo".
"Gli americani hanno sostituito il corrotto Chalabi con l'assassino Allawi, e l'incredibile Bremer con l'ambasciatore Negroponte. Tutti in Iraq sanno che Negroponte e' piu' simile ad Hannibal Lechter che ad un fine diplomatico, tutti hanno capito il messaggio: il nostro paese e' destinato, ancora per anni all'instabilita' e alla violenza. A cosa poteva servire, diversamente, affidare il governo ad un assassino? Negli ultimi due mesi ne abbiamo avuto la conferma, mentre cerchiamo di sopravvivere molti stranieri combattono la loro guerra sulla pelle del mio popolo, e tutti pensiamo alla sofferenza che hanno provato i nostri vicini libanesi come se vedessimo il nostro futuro".
"Gli ultimi avvenimenti, i rapimenti dei pochi stranieri che con il loro lavoro hanno aiutato il nostro popolo, i pochi giornalisti in grado di poter dire la verita' su quanto accade qui, hanno dato il colpo di grazia alle nostre speranze. Ora apprendo che i giornalisti tedeschi, quelli francesi e gli altri dei paesi non coinvolti nella guerra, lasceranno il paese; con loro i pochi coraggiosi volontari che sono partiti dai vostri paesi per aiutarci. Per noi questo significa che sul nostro paese calera' il sipario, che i cittadini del mondo, da adesso in avanti, conosceranno solo l'Iraq che invasori e fanatici vorranno far loro conoscere, dimenticando che questo paese e' popolato di pacifici, muti, e morenti cittadini iracheni".
"Prima che questo succeda, prima che sul mio paese cali di nuovo la finzione assoluta, ho voluto lasciarvi questo messaggio, perche' non possiate dire che non sapevate, perche' io stesso possa dire di aver provato a far qualcosa di diverso per il mio paese. Il mio paese e' ricco, popolato di gente buona come il resto del mondo, sapremo morire con dignita', lo sappiamo fare, ne abbiamo sempre dato prova".
"Negli ultimi trent'anni ho perso molti dei miei parenti e dei miei amici, sono morti nelle paludi di Bassora per mano degli iraniani, nelle prigioni di Saddam, parecchi nel deserto nel '91, alcuni sotto le bombe che ci dovevano liberare; il mio piu' caro amico e' stato freddato il mese scorso davanti ai suoi studenti all'universita', una mia coetanea che conoscevo da quando e' nata e' semplicemente sparita da mesi durante un rastrellamento dell'esercito".
"Mi sento molto stanco, forse troppo, e ho perso tutte le illusioni che mi ero costruito leggendo alcuni dei bellissimi libri scritti dai vostri migliori uomini e donne; avrei sempre desiderato per il mio paese le meraviglie che ho potuto solo immaginare su quei libri. Ho perso i miei sogni, o seppellito le mie inutili fantasie".
"Ieri ho comperato un fucile mitragliatore ed una pistola, mi hanno anche regalato dei proiettili in piu', pare ce ne siano in giro anche troppi. Questa mattina ho salutato i vicini, staccato la luce ed il gas, inchiodato le finestre della mia casa ed affidato le mie poche cose al mio giovane cugino, l'unico parente che mi resta, non abbiamo pianto, ma avremmo tanto voluto".
"Nel pomeriggio ho dato le dimissioni all'universita', e ora, dopo aver spedito questa mail all'amico che la diffondera', sono pronto ad unirmi a quanti combattono per le strade. Uscendo sputero' con dolore sul poster di Kennedy, che da anni accoglie chi entra nella mia casa".
"Vi chiedo solo un favore: non chiamatemi terrorista". |
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Izutsu utente attivo

Iscritto: 28 Dic 2003 Messaggi: 9922
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Inviato: Mar 11 Gen, 2005 2:53 pm Oggetto: |
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Eh, lo chiameremo patriota o partigiano... che vuoi che ti dica... tanto a morire sono i poliziotti, i civili... un sant'uomo... |
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Giuseppe Di Capua utente attivo

Iscritto: 05 Giu 2004 Messaggi: 2501 Località: Castellammare di Stabia
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Inviato: Mar 11 Gen, 2005 3:29 pm Oggetto: |
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senza parole. _________________ "dove il soggetto sembra proiettarsi fuori dall’immagine, dove noi al contrario sembriamo spinti dentro" - EDgar
Nikon D600 + Nikkor 105micro VR
Nikon D70 + Nikkor 18/70 |
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