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Autore Messaggio
Deva
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Iscritto: 12 Giu 2007
Messaggi: 71

MessaggioInviato: Gio 23 Set, 2010 5:23 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

tiro in ballo questa vecchia discussione (perlaltro molto interessante anche da un punto di vista antropologico) per discutere di un tema a me caro: lo sfruttamento dell'empatia umana. Ho avuto un moto di stima per il direttore del National Geographic Italia (Guglielmo Pepe) per la sua risposta a tutte le lamentele ricevute sull'invio obbligatorio della liberatoria per partecipare alla categoria "Persone" dell'ultimo concorso indipendentemente se si trattasse di un orfano del Bangladesh o di una signora ingioiellata.


Citazione:
Comprendo le vostre perplessità, capisco le difficoltà obiettive nel chiedere la liberatoria (soprattutto quando si tratta di persone che parlano e scrivono solo in lingua madre), mi rendo conto che non si può domandare ad un bimbo di firmare un atto quando neppure ha i genitori. Però: i bambini poveri non sono un soggetto/oggetto da utilizzare per vincere un concorso: sono dei piccoli che hanno solo bisogno di aiuto.

Le foto che scattate in situazioni drammatiche tenetele per voi, come testimonianza di un dramma, di una tragedia, e guardatele ogni tanto per ricordarvi che noi siamo in un mondo ricco e privilegiato dove si possono anche organizzare concorsi e vincere premi, mentre loro, i disgraziati, non hanno neppure da mangiare e da bere.

Fate delle foto a gente povera? Dategli dei soldi e sarete ugualmente felici, anche se quella foto scattata, che credete unica, particolare, eccezionale, non potrà partecipare alla nostra “gara” (e alle altre).

E non preoccupatevi più di tanto, perché i soggetti da fotografare non mancano: uscite di casa, andate per strada, troverete sicuramente volti e corpi da immortalare, che vi sigleranno la liberatoria. Tenete a mente questo consiglio per il prossimo concorso.

Per il futuro, vedremo se sarà possibile cambiare qualcosa. Intanto non sarebbe male se ognuno si ponesse questa domanda: a prescindere dal concorso, fino a che punto la fotografia – e quindi l’informazione – può spingersi senza violare la vita privata, l’intimità, la riservatezza delle persone? La macchina fotografica, come la penna (ormai, come la tastiera sulla quale sto scrivendo), sono strumenti meravigliosi. Ma anche armi potentissime.



Probabilmente è un discorso trito e ritrito su questo vasto forum, tuttavia al di là del discorso "legale" della liberatoria, credo sia importante anche il sottotesto etico, ovvero, al giorno praticamente chiunque si può permettere una buona macchina fotografica (e come lessi tempo fa sul Blog del Bruko/Ara lando qeusta bella definizione: basta lanciare un gatto morto in aria per prendere in testa un fotografo) e quindi improvvisarsi fotografo, altresì prendersi due settimane di vacanza e comprare un biglietto low cost per un paese X del terzo mondo alla ricerca di facce segnate dalla vita.

Per carità, nulla di straordinario. Ma ormai i media, i costi e la velocità di informazione hanno reso il fenomeno pressocchè virale. Ricordo in occasione di un viaggio in messico nel 2006 i turisti che invadevano il mercato di San Cristobal armati di obiettivi puntati come fucili, e delle espressioni rassegnate dei mercanti. Sì, certo su 5 turisti almeno un paio pur di fotografarli gli comprava un chilo di questo o quello, ma senza nessuna reale interazione umana, una fredda contrattazione, se ti fai fotografare ti comprerò un bel avocado che non mangerò mai perchè ho paura delle tue malattie, ti fotografo ma non ti stringo la mano, eccetera eccetera. Ma a che mi serve, umanamente, scattare un immagine ad alta definizione con le mie super ottiche da migliaia di euro se poi rimango fredda a ciò che vedo? Forse qualcuno me la comprerà anche, forse riceverò 500 commenti su Flikcr ma... personalmente questa aridità di fondo non fa bene, nè alla foto, nè al fotografo nè al soggetto.

Secondo la mia personale opinione trattare il mondo e le foto come dei trofei raccolti con la violenza della contrattazione mercificata è molto diverso dall'avvicinarsi il piu possibile, anche con il cuore alla situazione che stai cercando di documentare, rappresentare. E' difficile perchè ti richiede un impengo che molti, per via dell'automatismo dell'apparecchio fotografico hanno dimenticato.
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