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Taccuino fotografico
Appunti su alcuni scatti che ci hanno colpito.
Lettura di una fotografia di frank66

Foto di frank66
Che cosa: La fotografia mostra un elemento architettonico verticale, l'ombra, della medesima struttura sovrastante, una strada asfaltata, un marciapiede, un muro di cemento dalla cui estremità superiore spuntano delle fronde di alberi. Sulla strada è presente un bambino di colore che corre, con dorso e piedi nudi, vestito con un paio di pantaloni lunghi. Il marciapiedi è poco curato con sacchetti di plastica gettati a terra ed un bidone di metallo. Il muro, anch'esso trasandato, presenta delle ombre lineari e delle scritte, tra le quali ne spicca una che recita "litante".


Come: L'autore mediante l'utilizzo di un'ottica grandangolare, con buona profondità di campo, produce un inquadratura orizzontale, inclinata verso il basso e lievemente angolata verso destra. Il tempo è bloccato: l'esposizione utilizzata è di breve durata interrompendo il normale fluire del tempo, dando vita ad un preciso momento. Questa modalità ha permesso di congelare il bambino durante la sua corsa, con le gambe perfettamente distanziate (aspetto DURATIVO dell'azione: Ruggero Eugeni) in un preciso momento dove il suo busto e la sua testa si ruotano verso la sinistra dell'inquadratura. Questa disposizione del corpo crea una forte tensività e diviene portatrice di un evento somatico che manifesta e provoca emozioni interiori. (Omar Calabrese). La luce è naturale, forte e dura, proveniente dall'alto e lateralmente creando ombre e forti contrasti e donando, alla scena ripresa, drammaticità e tensione emotiva. Interessanti sono i rapporti tra spettatore e mondo testuale che l'autore propone, sia in termini spaziali che narrativi. Caratteristica peculiare dello scatto è il netto contrasto tra le zone di luce e quelle di ombra, che unite alla ulteriore particolarità di essere stato preso dall'interno di un luogo chiuso verso l'esterno della strada, con inframezzo delle strutture verticali, crea un doppio incorniciamento all'interno della stessa inquadratura. Questo stratagemma compositivo accentua l'illusione di profondità e riducendo il campo visivo ne concentra la visione. La cornice di destra accompagna l'osservatore dentro la scena, dritto al centro di interesse, accrescendo la tensione visiva e l'interesse per l'azione ripresa. Si viene a creare un'ambiguità tra primo piano e sfondo, contrariamente alla visione usuale, la scena sullo sfondo infatti, più luminosa, tende ad apparire più vicina in un primo momento ma subito dopo si alterna alla percezione delle strutture scure in primo piano. Questa particolare composizione non solo aumenta la profondità dell'immagine e quindi la sua tridimensionalità ma evoca uno spazio che non è compreso nell'inquadratura, quello dello spettatore che si sente "preso" nella scena, la sente come se fosse li presente, affacciata a quest'apertura, completamente in ombra, di fronte alla strada e alla vita che vi scorre. Il centro di interesse della composizione è rappresentato dal bambino di colore, decentrato completamente sulla destra dell'inquadratura e perfettamente bilanciato dal peso visivo della struttura verticale scura in primo piano. La sua postura congelata, con il busto ruotato e lo sguardo rivolto in dietro crea una marcata direzione visiva che insieme alle numerose linee diagonali, rappresentate dalle ombre riflesse sul muro, creano una sensazione di velocità e di energia. La composizione innesca un meccanismo visivo perfetto: tutta l'attenzione visiva viene incanalata dal bambino e dalla sua postura fisica, accresciuta esponenzialmente dall'energia di quelle diagonali, per esplodere, in direzione del suo sguardo, verso qualcosa "fuori campo", stimolando efficacemente l'immaginazione dello spettatore. L'autore utilizza il colore per rappresentare questa fotografia: le tonalità fredde si alternano a quelle calde e la forte luce solare tende ad incrementarne saturazione e luminosità.


Perché: Colui che sottopone la sua fotografia alla nostra attenzione auspica uno sforzo d'empatia nel lettore, un suo atteggiamento sintonico e ci sceglie come persone idonee di una comunicazione affettiva. Non ci è difficile assumere questa predisposizione di spirito per l'istantanea di frank66 poichè ci conduce dritti verso l'uomo che ne è l'autore, al suo universo emozionale. Ed è proprio grazie ad un'idea narrativa che frank66 riesce a racchiudere in un unico fotogramma tutto un mondo di intensità emotiva, autentico, drammatico, pulsante. La sua innata curiosità lo spinge ad esplorare posti nuovi e sconosciuti, alla ricerca della vita più semplice e più vera, quella che scorre sui marciapiedi, per le strade, fra le porte semiaperte o le finestre di qualche abitazione, vivida come il colore intenso e vibrante di quei luoghi. Lo scatto di frank66 coinvolge lo spettatore, mettendolo in sintonia con un'istante di vita, permettendogli di percepirne gli odori, i colori, le temperature. Si ha la sensazione di respirare quell'aria, di assistere nascosti nell'ombra alla corsa a piedi nudi di quel ragazzo di colore. Le tonalità e le saturazioni dei colori, i contrasti, sembrano rivelare la cultura di quei posti, il DNA di quei luoghi latini. Come tutti i bravi streepher, frank66 percepisce le opportunità, le possibilità di una fotografia: è come se si modulasse su di una frequenza, sul ritmo della strada, talvolta immergendosi nella situazione e altre volte rimanendo un passo indietro, a seconda di quello che la strada gli offre in quel momento. Sono istanti in movimento, pose che fluiscono: la fotografia assomiglia molto ad un fermo-immagine cinematografico. In definitiva, sia la fotografia che il cinema condividono la stessa natura ontologica basata sui medesimi procedimenti chimici o digitali, di fissare un'immagine su di una pellicola o di un sensore attraverso la luce. Se la pellicola cinematografica è costituita da fotografie, dunque da immagini statiche, da "pose", è pur vero che la disposizione di queste immagini in sequenza acquista un "senso" soltanto attraverso il dispositivo della proiezione. Ed è proprio qui che nasce la differenza tra fotografia e fotogramma. La prima è unica, anche se fa parte di una serie di scatti in sequenza, mentre il secondo ha sempre bisogno di un contesto o meglio assume un significato compiuto in relazione al fotogramma che lo precede e a quello che lo segue. Gilles Deleuze nel primo dei due volumi dedicati al cinema, parla di immagine-movimento: "Il cinema-scrive- non ci dà un immagine al quale aggiungerebbe movimento ci dà immediatamente un immagine-movimento"; quindi nel fotogramma è riprodotto solo uno dei tanti istanti possibili di un movimento continuo. L'elemento di differenziazione è la "selezione", un fattore decisivo che accomuna la fotografia alla pittura ma lo differenzia dal cinema. Nella fotografia dobbiamo scegliere un istante, non è detto che sia il più significativo ma soprattutto che sostituisca al meglio l'idea dell'autore, che ne colga la verità nascosta nella posa di un corpo o nei tratti di un volto.
Al cinema non c'è possibilità di scelta: non c'è spazio al "non detto", all'immaginazione dello spettatore ed in questo senso la fotografia e il romanzo si equivalgono. In verità davanti all'istantanea di frank66 lo spectator ha tutto il tempo per intervenire idealmente sull'immagine integrandola con il suo sguardo, con una riflessione, isolando dei particolari e talvolta, aggiungendo dei supplementi "non voluti" che però sono già insiti nello scatto (Punctum barthesiano) "forse che io al cimema aggiungo qualcosa all'immagine?" si domanda Roland Barthes nel suo saggio "La Camera Chiara": "non credo, non ne ho il tempo: davanti allo schermo non sono libero di chiudere gli occhi, perchè altrimenti, riaprendoli, non ritroverei più la stessa immagine; io sono costretto ad una voracità continua". Nonostante tutto l'istantanea 25-01-2015 si contempla con la stessa intensità di un fermo-immagine filmico. Secondo Gianfranco Bettetini il fermo-immagine altro non è se non una fotografia con "una durata di fruizione ben definita" che "non si limita a bloccare un'azione ma ne interrompe l'apparenza riproduttiva, la verosimiglianza di riflessione". Il fermo-immagine nonostante sia stato utilizzato nel cinema con diverse funzioni mantiene inalterato la sua "vertigine", la sua funzione di "sorpresa" e ci ricorda che la distanza fra cinema e fotografia non è poi tanto evidente, anzi le due discipline convergono e dialogano fra di loro. L'istantanea di frank66 sembra assumere la forma di un fotogramma da inserire in una sequenza più ampia: in un certo senso il lettore prova così a immaginare il "prima" e il "dopo", ciò che è restato fuori dalla foto partendo dagli elementi che vi sono inclusi. Il corpo del giovane viene bloccato durante il suo movimento di corsa in una posizione di torsione, con il busto e la testa ruotati a 90 gradi verso la sinistra dell'inquadratura come a guardare qualcosa. Ma chi? Che cosa? E soprattutto: perche? Sta fuggendo da una persona o da una situazione pericolosa? Sta scappando dai rimproveri dei genitori? Oppure: sta correndo per andare a giocare da qualche parte e improvvisamente si gira per vedere se gli amici lo stanno seguendo? Sta correndo verso un'appuntamento e improvvisamente è distratto da un suono? Che storia! Il volto del ragazzo ripreso in campo lungo non ci aiuta nelle nostre inferenze perche i tratti somatici, la fisiognomica e la mimica sono appena accennati, a causa della distanza di visione, non sufficienti a inferirne specifici stati d'animo (paura, rabbia, stupore, etc). Le tensioni della posa congelata è sufficiente però ad innescare un racconto filmico, tutto interiore, senza però limiti di tempo o spazio. Quanto meno l'immagine è esplicita tanto più si presta a interpretazioni; più il soggetto è indefinito e maggiormente la foto diventa un potenziale film. L'ambiguità e l'enigmaticità diventano le forze poietiche dello scatto. La scena chiede di essere completata, di dar corpo ad una sorta di immaginazione visuale che mantiene solo un esile cordone con l'immagine da cui si è mossa. Immaginando l'assente inventiamo una sceneggiatura. Ed ecco che tutti i particolari della scena contribuiscono alla storia: le scritte sbiadite sui muri, il bidone netallico blu , i sacchi di plastica riversi a terra, la fitta vegetazione sopra il muro che riporta ad un "oltre" naturale e selvaggio; i colori stessi e le ombre disegnate scandiscono il ritmo e la musicalità del racconto. "Chiudere gli occhi, è far parlare l'immagine nel silenzio... lasciare che il particolare risalga da solo alla coscienza affettiva" (Roland Barthes). Nè più nè meno di quanto faceva W. Benjamin con, tra le dita, il dagherrotipo del fotografo David Octavius Hill che ritraeva la Pescivendola di New Haven (Walter Benjamin) o lo stesso Roland Barthes nel guardare l'immagine di "Ernest" scolaretto fotografato da Kertész nel 1931: "E' possibile che viva ancora oggi? Ma dove? Come? Che romanzo!". John Berger nell'analizzare l'istantanea di tre contadini ("Young Farmers"del 1914 di Saunders August) diretti ad una festa da ballo si chiede: "Chi sono? Dove vanno? Perchè indossano quel tipo di abito?". E finisce con lo scrivere una sorta di continuazione-narrazione dell'immagine: "Niente ci impedisce di immaginare che i nostri tre giovanotti, una volta arrivati alla festa, dopo aver bevuto un paio di birre e aver occhieggiato le ragazze..., appesero le giacche, si tolsero le cravatte e danzarono- forse tenendo ancora in testa i cappelli- fino all'alba. L'inizio di una nuova giornata di lavoro" (Del Guardare John Berger). Analoghe narrazioni sono state riproposte anche per la televisione: c'è un bel lavoro intitolato "Une minute pour une image" del 1983, di Agnes Varda, dove vari personaggi, famosi e non, scelgono e commentano una fotografia ciascuno. Un dentista, ad esempio, commenta "La mer et l'enfant" 1973 di Bernard Plossu, inventandosi una storia fantastica per quella bambina affacciata ad una finestra davanti al mare, Oppure il drammaturgo Ionesco davanti ad una foto di Willy Ronis scattata a Parigi nel Natale del '54, che ritraeva un signore con la faccia cupa circondato da una folla di persone allegre e sorridenti, immagina si tratti di "un terrorista pronto a far esplodere una bomba causando una strage di bambini..". La stessa cosa succede per l'istantanea di frank66: scrutando la sua inquadratura orizzontale nei minimi particolari, il silenzio prepara il terreno all'immaginazione e la fabula prende vita, si anima. Magicamente tutto sembra vacillare, trasformarsi liberamente, riferire senza ordine d'intreccio, come farebbe un sogno. Un vacillamento che predispone l'apparizione di "uno spazio elaborato inconsciamente" che non appartiene all'immagine (spazio elaborato consapevolemente) ma al frugare della vista dentro lo spazio e nel tempo dell'inquadratura, dove "si annida ancora oggi il futuro" come una premonizione (W. Benjamin ). Ecco che il marciapiede, la strada, i muri con le sue scritte, diventano gli elementi di una narrazione, di un gioco festoso, dove è possibile incrociare e far combaciare azioni, storie e destini. Come quelli inventati da piccoli, guardando le strisce dei fumetti senza saper ancora leggere, dove le figure bastavano ad avviare i racconti. Perchè tanta energia e tanta fretta nell'azione del bambino? Perchè corre scalzo? Ma soprattutto perchè si volta in dietro? Che cosa mira? Qualcosa o qualcuno da cui scappare o da aspettare? La stessa scritta "LITANTE" funziona da elemento poietico, perche ci costringe a darle un senso, a tradurla, interpretarla. Forse potrebbe essere una parola compiuta e significare un caso ablativo di LITANS che è il participio presente del verbo LITO la cui traduzione in italiano sarebbe l'ottenimento di presagi favorevoli, la promessa di un esito positivo, propiziatorio per quella corsa a piedi nudi sotto il sole. La stessa scritta, con maggiore probabilità, vista la sua ubicazione nel muro, sul confine di due colori, potrebbe essere il residuo di una parola diversa, oramai cancellata, come MI-LITANTE e allora viene da pensare alla partecipazione attiva, costante e impegnata di quel giovane e della sua comunità alla vita di un'organizzazione, di un movimento culturale, politico o militare e ai suoi richiami di arruolamento, lotta, propaganda. Ve la immaginate? Che Storia!
Questa meravigliosa narrazione di frank66 non ha l'obiettivo di documentare, comunicare il puro in-sè dell'accaduto, ma di condensarlo nella sua stessa vita, e farne dono a quei pochi lettori sensibili come esperienza. Un'esperienza singolare, densa e vibrante, come i colori vividi di questa strada sudamericana, profonda e silenziosa come le sensazioni che avvolgono l'ombra del suo sguardo. Un ringraziamento sincero all'autore per questa narrazione, per questo gioco di lettura visiva. Ci è stato facile "abitare" quest'inquadratura, talmente bene che siamo riusciti a sentire la vita scorrere, lungo questo marciapiede assolato, ben annidata sotto i piedi scalzi.

Scritto da surgeon



RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


Ruggero Eugeni: "Analisi semiotica dell'immagine. Pittura, illustrazione, fotografia" Pubblicazioni dell' ISU Università Cattolica.
Omar calabrese: "La macchina della Pittura" Biblioteca di Cultura Moderna Laterza.
Gilles Deleuze: " "L' immagine-movimento" Ubulibri Milano.
Roland Barthes: "La Camera Chiara. Nota sulla fotografia." Piccola Biblioteca Einaudi.
Walter Benjamin: "Piccola Storia della Fotografia" Skira.
Bruno di Marino: "Pose in movimento. Fotografia e Cinema." Bollati Boringhieri.
John Berger: "Sul Guardare" Bruno Mondadori.
Gianfranco Bettetini: "Cinema e Fotografia" in "Figure", IV, n.10-11 (La Fotografia) 1985.
Cristiano Dalpozzo: "Fuori Campo. Dentro e oltre l'immagine cinematografica" Istituto Universitario Salesiano Venezia.
ZioMauri29

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